Dalla vecchia e nobile
arteria della città, si procede tramite una gradinata, ad accedere nella
chiesa dalla ridondante facciata interamente realizzata in marmo di Billiemi, fatta costruire con le larghe questue raccolte da fra Leonardo
Galici nel 1634, dedicata ai SS. Matteo e Mattia, fu affidata alla
confraternita dei Miseremini che si occupava di dare degna sepoltura agli
indigenti del quartiere e di celebrare messe in suffragio delle anime
accolte in Purgatorio.
Il tempio, prettamente
barocco, ad un impianto basilicale, divisa in tre navate, su colonne in
stile dorico in marmo di Billiemi, racchiude il transetto il cui centro è
sormontato da una cupola, il cappellone e le cappelle laterali.
Le fastose decorazioni pittoriche delle pareti a stucco delle sculture
Serpottiane realizzate nel 1728, che si legano piacevolmente agli
affreschi delle volte eseguite nel 1754 da Vito D’Anna, celebrato pittore
palermitano, ne fanno un intenso cromatismo settecentesco.
Da una scala che si trova
nell’anti sacrestia si scende nella grande cripta che occupa per
estensione la parte sottostante la navata centrale della chiesa.
Interessanti sono gli ampi armadi di noce che appoggiate, rivestono le
pareti della sacrestia, intagliati dallo scultore Pietro Marino nel 1738.
Proprio uno di questi
armadi, dietro un inginocchiatoio, nasconde una porta segreta, da cui
anticamente bastava spingere una leva che permetteva di raggiungere l’area
retrostante il giardino di casa Muta il Natoli nel suo romanzo fa una citazione di questo luogo segreto:
“…l’altro, che aveva udito, si accostò a un armadio, e apertolo, diede
un pugno al fondo, che cedette e mostrò un vuoto buio e profondo. Vi entrò
dicendo: Venite….Andrea e don Girolamo lo seguirono; l’armadio si
richiuse, il fondo ritorno al suo posto…”
Scoperti dagli “sbirri”
i Beati Paoli abbandonano la zona del papireto per trasferire la loro
attività segreta al di là della bassura del ponticello, ingrottati e
camminamenti presenti in questo luogo dove il corso del torrente Kemonia
ha scavato nel corso dei secoli, molte di queste grotte furono adibite a
chiesette sepolcrali ed in seguito su di esse si costruirono chiese di una
certa importanza.
Luogo di alcuni episodi del
romanzo, sono le cavità della zona del “Casalotto”, nome attribuito a una
modesta altura della città antica posta lungo la vallata del Kemonia, nel
quale è ubicata l’area cimiteriale delle catacombe della chiesa dei SS 40
Martiri, ostruite e interrate già nel 1650 con molta probabilità la sua
estensione ha permesso il riutilizzo di un ingrottato sotto Palazzo
Marchesi adibito successivamente a rifugio antiaereo.
L’ingrottato collocato nel sottosuolo dell’ex chiostro di Casa Professa
corrisponde ad una comune camera dello scirocco scavata nella formazione calcarenitica, accessibile da una rampa di scale che si diparte dal
cortile, l’ipogeo si sviluppa su due livelli e collegati tra loro da una
breve scala.
L’impianto del primo
livello ha forma quadrangolare e possiede ricavati alla parete della
roccia i sedili come unico e specifico elemento d’arredo.
Dal primo livello, in un angolo si apre un passaggio per il secondo strato
che si addentra nel sottosuolo e segue un tratto che prosegue in direzione
della vicina chiesa dei SS 40 Martiri.
Il sottosuolo della città,
oggi ha poche cavità praticabili, tuttavia tra la leggenda e la realtà sui
“Beati Paoli” resta sempre un mondo affascinante e misterioso.