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PANORMUS - LUOGHI

I misteri della città !

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In asse con la Via Beati Paoli e prospiciente nella piazza detta comunemente di “San Cosimo”, preceduta da un piccolo atrio scoperto è la chiesa dei SS. Cosma e Damiano che prese il nome dalla omonima confraternita che l’aveva avuta in concessione nel 1604, costruita in precedenza e dedicata a S.Rocco in seguito alla pestilenza che aveva colpito la città e il quartiere nel 1575.


L’esterno dalla semplice facciata ha un portale di tipo gaginesco, la spaziosità rinascimentale dell’interno a tre navate diviso da alte colonne monolitiche.

Spoglia di diverse opere d’arte che sono conservate al Museo Diocesano, possedeva le statue lignee cinquecentesche dei Santi Dottori custodite nella cappella a loro dedicata nella chiesa di S. Ippolito.

Risalendo la depressione, la Via Beati Paoli continua verso la contrada della Guilla, il termine popolare è la correzione di “guidda” dalla voce araba "wadi", che vuol dire fiume, nelle cui prossimità scorreva il papireto.

Lambendo sulla destra alcuni resti di palazzi, si accede alla Piazza Quaranta Martiri alla Guilla in cui sorge l’omonima chiesa dei Pisani costruita nel 1605 dalla loro comunità stabilitasi a Palermo fin dal XV secolo.

La facciata in tufo ha un lineare portale sul qual è applicato lo stemma della città di Pisa, l’interno a pianta rettangolare in cui si aprono due profonde cappelle, in quella di sinistra vi è il seicentesco simulacro ligneo di Maria SS. Dei Canceddi, proveniente dall’omonima chiesa.

Nel 1725 Guglielmo Borremans realizzò la decorazione a fresco delle pareti, raffigurando la storia dei Santi Pisani e, della volta nel quale raffigurò la gloria della Vergine Assunta, un bellissimo pavimento maiolicato policromo è compromesso dall’usura del tempo.

Accanto alla chiesa, si aprono alcuni locali attorno ad un cortiletto con una loggetta sostenuta da archi acuti in tufo del periodo cinquecentesco, in un lato un pozzo attinge acqua dal sottostante suolo dove si presume l’esistenza di una grotta formatasi con il passaggio del fiume papireto.

Ritornando sulla strada si trova la chiesa di S. Agata alla Guilla all’angolo dell’omonima piazzetta con la via Celso, costruita sull’ipotetica casa e villa di S. Agata del periodo normanno e riedificata nel XVII secolo; discendendo sulla destra si ha davanti il portale bugnato del Palazzo S. Isidoro, appartenuto al marchese Diego del Castello, costruito nel cinquecento e più volte ristrutturato.

Sulla Via S. Isidoro persiste l’attraversamento pensile che collegava il palazzo con il suo parterre, distrutto nell’ultima guerra, esteso sul fronte opposto della strada dove si apre un’ampia esedra.

Subito dopo si trova la chiesa della Commenda di S. Giovanni alla Guilla del 1669, riedificazione della preesistente cappella innalzata dal Gran Cancelliere dell’Ordine Cavalleresco di Malta nella seconda metà del XII secolo.

La Commenda includeva diversi possedimenti fra cui edifici e l’ospedale, un vasto giardino ancora esistente, era detto della “cuncuma” in cui si trovava un’osteria frequentata da malavitosi che si definivano persone furbesche: da qui il detto “essiri di la cuncuma”, è stato trasformato in cortile che si apre a fianco della chiesa e vi si accede attraverso un grande arco cinquecentesco, un altro accesso e da Via Iudica, da dove ripigliamo il cammino.


L'arco della "cuncuma"

In Via Iudica si affaccia l’omonimo palazzo appartenuto a Giuseppe Iudica procuratore del Tribunale, una lapide ricorda alcuni eventi patrioti del 1860, sullo stesso fronte sono altri palazzi della stesa epoca e introducono in cortili e vicoli, in uno di questi immobili si apre il cortile del “secco” con arconi attribuiti al XVIII secolo, denominato, fino al XIX secolo, “cortile della Sicchieria vecchia” cioè della zecca vecchia: è rimasto l’unico caratteristico cortile della vecchia Palermo ancora esistente, dove vi prospetta l’edificio della famiglia Di Grazia e, preso in locazione dalla Regia Zecca prima di trasferirsi a Piazza Marina.

La strada giunge nella piazza del Monte di Pietà nella quale è presente il più rilevante edificio di questa zona bassa del quartiere capo.


Il Palazzo del Monte di Pietà

Istituito dal Senato palermitano nel 1541 come monte dei pegni fu trasferito in quest’edificio nel 1591, che sostituì l’opificio per la realizzazione di panni del 1550; il suo sviluppo lineare fu modificato proprio in quella data e rimaneggiato diverse volte per rendere il prospetto più settecentesco; nel 1684 vi fu aggiunto un orologio a campana sotto la figura dell’Ecce Homo, stemma del Monte: il fatto è ricordato in una lapide, che si trova nel locale d’ingresso, alle spalle del palazzo in Via Sedie Volanti il cui toponimo ricorda la particolare categoria dedita al noleggio di portantine, per brevi percorsi cittadini.

Su Via Maestri d’Acqua si affacciano la chiesa ed il convento di S. Agostino, l’edificio affianca la strada in cui si snoda il mercato per quanto riguarda la vendita d’abbigliamento e la biancheria e, da cui trae il nome, da questo tratto si raggiunge la Via Maqueda e verso il mare con la Via Bandiera, l’attuale chiesa voluta dalle famiglie Sclafani e Chiaramonte, i cui stemmi sono impressi nella facciata, unica parte originale degli inizi del trecento, con il portale e il bellissimo rosone: dodici cerchi s’intersecano a formare questa straordinaria composizione atta a simboleggiare i 12 apostoli nelle colonnine di marmo bianco, il cui centro è rappresentato dal piccolo tondo recante l’Agnus Dei, sostituì un oratorio ceduto agli Agostiniani nel 1275 per costruirvi il loro convento.


S. Agostino: il chiostro


S.Agostino: il chiostro


S.Agostino: la facciata

L’unica amplissima aula di cui è formato l’interno, a causa delle trasformazioni subite nel XVII e XVIII secolo, originariamente nudo alle pareti fu riempito di stucchi relativi a Santi Agostiniani da Giacomo Serpotta che lasciò la sua classica firma a forma di “serpuzza” in una delle statue all’ingresso.

Il convento che risale alla venuta dei monaci, fu nei secoli scorsi uno dei più vasti appartenuto a quest’ordine, subì forti ridimensionamenti a causa della sistemazione del quartiere di S. Giuliano che permise la costruzione del teatro Massimo, successivamente in tempi più moderni per le demolizioni del regime fascista.

Il cenobio si articola su un equilibrato chiostro edificato nella metà del cinquecento con arcate a tutto sesto scolpite nella pietra arenaria ed impiantate su colonne di ordine vario, nei capitelli si notano degli stemmi relativi alle famiglie che patrocinarono la costruzione, nel centro del giardino al di sopra di una fontana cinquecentesca sosta una statua raffigurante S. Ninfa.

Dall’accesso conventuale una scala scende per raggiungere la vasta cripta che occupa tutta l’area della chiesa.

Rientrando sulla piazza oltre il monte dei pegni, il percosso si inoltra in altro punto importante per la città: il macello pubblico detto “bocceria della carne” operante fin dal XV secolo e si estendeva fra la discesa dei Giovenchi fino a Via dei Candelai, si includono il vicolo delle Capre, il vicolo delle Cianche ed il vicolo Sanguinazzai, il cui centro era costituito dalla Piazza Caldomai dove prospettava la loro chiesa fatta costruire nel 1589 ed intitolata alla Madonna della Grazia, i bombardamenti del ’43 la distrussero e ne sono rimaste le rovine.

Il ricordo del vecchio macello rimane nella toponomastica locale, l’attività durò fino al 1837 in seguito il comune trasferì i locali al di fuori dell’abitato nei pressi del fiume Oreto.

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