Già dal lontano 1435, una costruzione esistente come palazzo
nobiliare, appartenuto alla famiglia degli Sclafani, fu trasformata
in struttura ospedaliera grazie all’interessamento dell’abate Giuliano
Majali che in varie occasioni ebbe modo di organizzare i vari lazzaretti
sparsi all’interno della cerchia muraria della città (sette erano i più
antichi nel XIV secolo ) e, in questo luogo pensò di riunirli in un solo
presidio denominato Hospitalia granda, cioè l’ospedale grande e nuovo.
L’edificio, un parallelepipedo trecentesco
presentava lungo i tre lati del piano nobile una fila di finestre ogivali
a motivi intrecciati, l’unico lato rimasto è quello meridionale con
l’unica porta sormontata da un’edicola scolpita dal pisano Bonaiuto e
dallo stemma degli Sclafani rappresentati dalla figura di due gru che si
guardano tra loro.
L’interno costituito da un vasto cortile
dalla forma quadrata e racchiuso da un porticato che da uno scalone
laterale conduceva al piano nobile costituito da un grande salone
illuminato da imponenti finestre, nel cortile addossati ai muri
perimetrali furono realizzati alcuni affreschi che servivano da monito a
coloro il quale oltrepassata la porta d’ingresso veniva ricoverato, usanza
medievale che si applicava in luoghi pubblici che spiegassero i
significati legati al luogo e a ciò che si svolgeva.
E’ celebre l’unico affresco pervenutoci il
“Trionfo della Morte” o “dell’Allegoria della Peste”, oggi salvaguardato
presso la Galleria Regionale a Palazzo Abattellis.
Il famoso "trionfo della morte" esposto a
Palazzo
Abatellis
Inquadrato in girali, l’affresco con al centro la morte, mostra i momenti
diversi di un Santo o della chiesa o del potere attraverso vari
simbolismi.
Limitrofo all’ospedale e, collegata da un cavalcavia gravitava
l’infermeria dei padri Cappuccini che affiancava e sosteneva questa pia
iniziativa, con una sua dipendente costruzione edificata intorno al 1622
dopo l’acquisto di alcune case retrostanti “all’Ospedale Grande”, al suo
interno erano ricoverati i frati riformati di San Francesco e alcune
persone riguardevoli, aveva laboratori annessi e fungeva anche come casa
di riposo, tuttora funzionante, possedeva una sua farmacia autonoma sia
per uso interno che ai bisognosi esterni che, fino a tempo fa era in
servizio.
Le grandi e semplici stanze erano adornate
negli ultimi anni del XVIII secolo con delle pitture monocrome eseguite da
Fra Felice da Sambuca.
Lungo il Cassaro all’interno del quartiere militare incombeva
l’ospedale
di San Giacomo costruzione, iniziata nel cinquecento e portata a
termine nel 1620, probabilmente da Mariano Smeriglio, si occupava degli
ammalati illustri, per lo più stranieri e militari dell’esercito spagnolo,
abolito definitivamente nel 1832 con l’avvento dell’amministrazione
borbonica che trasformò i locali per necessità militari, tutt'oggi è
adibito ad alloggi militari.
Annessa all’ospedale militare vi era la
chiesa parrocchiale di San Giacomo La Mazara, così chiamata per la
presenza di un mulino, costruita nel 1482 venne utilizzata dal nosocomio
solo dopo il 1620, successivamente sconsacrata è stata adibita ad officina
meccanica per i militari.
I militi malati vennero curati nell’abolita
casa gesuitica di San Saverio divenendo così il nuovo ospedale militare e
quelli illustri nell’Ospedale Grande di Palazzo Sclafani, nel 1852
l’ospedale militare passò nel ex convento di Santa Cita dei PP. Domenicani
(attuale caserma Cangelosi) nel 1930 infine, si stabili nell’attuale sede
a Mezzomoreale nella villa dei marchesi di S.Croce.
Della fabbrica rimase il prospetto
settentrionale che si affaccia sul Cassaro e risulta bugnato ed intarsiato
in pietra da taglio con la caratteristica effige della conchiglia, simbolo
che viene impresso negli elementi lapidei.
La conchiglia a valva Pecten, emblema dell’apostolo Giacomo,posta nelle
chiavi degli archi è rappresentata al centro di un accavallamento di tre
spade di cui la centrale a l’impugnatura a croce gigliata.
In questo particolare tessuto urbanistico
che gravita all’interno del Mandamento Palazzo Reale, in una porzione del
quartiere dell’Albergheria nel 1586 si edificava l’ospedale-convento dei Fatebenefratelli, cioè dagli Ospedalieri di San Giovanni di Dio.
Ordine religioso degli ospedalieri, fondato nel 1571 a Granada da San
Giovanni di Dio denominato in Italia come Fatebenefratelli, per la
tradizionale usanza di ripetere durante la questua un ritornello.
Emblema dell’ordine è la melagrana della città di Granada sormontato da
una Croce e la stella, scelto dal Santo dopo che egli s’imbatte in un
bimbo che, mostrandogli una melagrana sovrapposta da una Croce gli disse:”Granada
sarà la tua croce”.
Preso per pazzo per aver dato assistenza ai poveri ed ai malati emarginati
dalla società cominciò a raccoglierli dalla strada e a ricoverarli in
ripari di fortuna, dando vita alla fondazione del suo primo ospedale,
attuando nuove metodiche per il loro sostegno, divenendo così il creatore
dell’ospedale moderno.
Alla morte avvenuta nel 1550, la sua
iniziativa fu continuata dai seguaci confrati che sostenuti da un gruppo
di laici ne raccolsero l’eredità a continuare l’opera da lui stessa voluta
e, sostenuta da vari Papi che ne diedero veste giuridica ed elevando la
congregazione ad ordine religioso nel 1617.
La congregazione fin dalla loro costituzione seguiva la regola di San
Agostino in quanto il Santo era Agostiniano, in un secondo tempo ebbe
costituzioni proprie, in aggiunta a ai tre voti comuni, i suoi aderenti si
impegnavano ad un quarto voto, all’ospitalità a all’assistenza degli
infermi, diffusosi rapidamente in Europa non mancò di avere diverse sedi
in Sicilia.
Fondatore del convento-ospedale palermitano fu Sebastiano Ordonez che
mandato dal suo superiore in Sicilia si prefisse di costruire una casa a
Palermo, sede del vice regno spagnolo, ed altre nove se ne impiantarono in
tutta la regione.