Il
Sindaco inginocchiato, ai piedi dell’Immacolata che si erge in tutto il
suo splendore fra luci e serti di fiori, recita la formula del giuramento
alla Vergine.
Rinnova il voto “illo tempore” fatto dal Senato palermitano che è detto
“voto sanguinario”, giura di fare proprio l’impegno di difendere
l’Immacolato Concepimento di Maria fino allo spargimento del sangue, a ciò
fa seguito la simbolica offerta degli scudi d’argento che la Giunta dona
per il culto dell’Immacolata.
Nonostante il trascorrere dei secoli si ripete un cerimoniale immutato
e ammaliante, il tutto termina con la benedizione solenne impartita
dall’Arcivescovo che rimanda tutti ai misteri della processione.
Nello stazionare la vara in Cattedrale la
congregazione del porto e riporto hanno già eseguito metà della sua
funzione, in seguito all’apposizione delle firme in un apposito registro
da parte delle autorità ecclesiastiche e civili e del superiore della
confraternita, i confrati riuniti attorno al fercolo ripigliano il viaggio
di ritorno verso la basilica, da qui il nome di porto e riporto.
Durante il cammino, le sostituzioni si succedono più frequentemente
rispetto all’andata, la stanchezza nel frattempo emerge, nessuno dei
confrati vuole abbandonare, ma con umiltà si piega al volere del
Superiore, la gente attorno al fercolo accompagna con esortazioni e
reverenza.
Giunti nella piazza antistante
l’ingresso alla basilica, il simulacro si ferma per affrontare
l’ultima fatica che è l’entrata, preceduta dalla recita della preghiera
mariana per pregevolezza: il Magnificat, scandita da tutti i confrati,
ormai stanchi ma soddisfatti per aver partecipato ancora una volta.
Attesa
da tutti i presenti con trepidazione “l’acchianata” (la salita), a
questo punto si ripetono nuovamente gli stessi movimenti che sono stati
adottati all’uscita, pochi secondi, ma terribilmente lenti a scorrere e
gravosi da superare, uno squillo di tromba da il segnale, con il fercolo
tenuto issato, s’inizia a correre all’impazzata urlando ed esaltando, le
note musicali della “banda” accompagnano la fatica dei portatori, solo
l’applauso della gente conclude l’entrata in basilica dove verrà posta al
centro della navata all’altare maggiore.
Oggi la confraternita per assecondare
l’antico lascito della famiglia de Leopardi annovera fra le sue file il
numero più consistente di confrati rispetto a tutte le altre, motivo
fondamentale è il ricambio dei portatori che si debbono avvicendare
nell’andare e venire trasportato il fercolo dalla basilica alla Cattedrale
e viceversa, da qui la denominazione accorciata di “Porto e Riporto di
Maria SS.Immacolata, e fin d’allora s’insediò nella Cappella di S.Ludovico,
opera trecentesca sorta nelle adiacenze della basilica e fondata
verosimilmente dalla potente famiglia Sclafani come si evince dallo stemma
inciso ai lati di un’edicoletta lobata della sua absidiola.
Nei susseguenti otto giorni la statua
ritorna dentro la cappella dove è custodita, dopo avergli fatto
eseguire i tradizionali tre giri di navata, che in precedenza avevano
eseguito i confrati per uscirla, anche in quest’occasione i confrati
seguono un rituale, la mattina della domenica si celebra “l’offerta della
cera” e la recita della supplica all’Immacolata da parte del Superiore
dopo l’omelia, nel pomeriggio dopo il “trionfo fervorino (u’triunfu)" cioè
la compieta e la benedizione del SS. Sacramento si rientra in basilica per
rinsaldare il fercolo, e concludere con la lenta chiusura del grande telo
azzurro che serrerà la cappella.
L’anima dei festeggiamenti che ogni anno,
in dicembre, si svolgono in onore della Vergine Immacolata sono i confrati
che dai secoli scorsi della Palermo barocca s’impegnano per devozione a
organizzarli per lei Regina della Pace.
Dai
“Capitoli” della congregazione che recitano impegni associativi e
osservanti che i confrati debbono rispettare, datati 1718, che si
presentano con un dipinto dell’Immacolata posto nello spazio di copertina
al manoscritto, sappiamo che i confrati nelle processioni solenni
dell’Immacolata avanzano “scalzi (lo stare a piedi nudi simboleggia la
rinuncia all’autodeterminazione) e vestendo l’abitino, che sia di questa
forma: cioè come volere di Religione di targhetta turchina, con l’orlo di
gallone bianco, sia di lunghezza con poco sotto i fianchi”.
Il penetrante culto mariano è riflesso dal
colore turchese dell’abitino, nelle raffigurazioni mariane domina
l’azzurro, colore del cielo e dell’aurora, mentre il cordone bianco che
cinge la vita, richiama il terzo culto presente, ai santi, in particolare
riferimento all’umiltà francescana.
In mezzo al petto il medaglione con l’effige dell’Immacolata, centro della
fede dove si trova il cuore.
Dopo anni nel 1726 si ufficializzò la data
di fondazione e furono approvati i capitoli dall’autorità ecclesiastica
che successivamente riformava nell’anno 1757.
Allora, e senza scioglimento di continuità,
i componenti della congrega, che tramandano per la maggior parte tale
devozione da padre in figlio, hanno sempre assolto il loro dovere per cui
si riunirono in confraternita, rimanendo integri nella fede e nei principi
fondamentali dettati dai “Capitoli”, ereditando un vivo amore ed una
particolare devozione per la Madre di Dio.
Messaggio dell'ex Card. De Giorgi dell'8/12/2005 a
Piazza San Domenico clic qui>