L’antica borgata, oggi, festeggia il suo Santo
patrono con scintillio di luci, suoni ammalianti, bancarelle d’ogni tipo
che smercia leccornie e chincaglierie attirando la curiosità della gente
che “passia”, all’occasione a “leccare” un cono gelato proposto
dall’antico chioschetto “don Ciccio” gestito da Giuseppe Tarantino.
Una tradizione che si ripete da diversi anni e
a volte per necessità organizzative si fa slittare alla penultima domenica
di giugno, ma non viene mai meno a quest’appuntamento con gli abitanti del
quartiere, possessivi della loro festa, neanche quando il mare è in
burrasca.
Forse, anche per il seguito della leggenda,
una storia complicata che apre enigmi e una controversia annosa.
Racconta la gente del tempo andato che a
recuperare la statua dai fondali non furono i pescatori dell’Arenella, ma
ironia o volontà divina, volle i limitrofi, e da sempre antagonisti,
“cugini” di Vergine Maria.
Furono proprio i pescatori di quest’ultima
località a rendere i primi onori al Santo, con la faccia da fanciullo e,
riconoscerlo come ruolo di patrono, portato in processione lungo la costa
perché tutti vedessero il simulacro da loro pescato senza il bambinello
perso durante il naufragio.
E proprio durante questa celebrazione
religiosa, i segni tanto celesti quanto bizzarri, all’altezza dell’Arenella,
il cielo si coprì, i venti iniziarono a soffiare violenti e un grosso
nubifragio si abbattè sulla borgata.
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