Le famiglie con poche possibilità economiche si accontentavano con lo
spezzatino di carne e patate come contorno... e spesso più patate che carne.
Tutti trionfalmente chiudevano il pranzo con la
cassata siciliana
e i cassatieddi, questo mito della pasticceria che si gustava solamente per Pasqua, trae le sue origini da un dolce arabo: il
Quas’at (scodella) una specie di zuccotto di tuma fresca addolcita.
La tuma
venne dapprima sostituita con la ricotta dolcificata, e in un secondo tempo
la cassata venne "foderata" con il pan di
spagna.
Nella metà del settecento, le suore del monastero di Valverde di Palermo aggiunsero le attuali decorazioni barocche rappresentandola come un fiore che sboccia il primo giorno di primavera.
Il
lunedì dell’Angelo seguiva la gita fuori porta, alla Favorita o a Monte Pellegrino per i meno
abbienti; chi poteva era ospitato in campagna. Non doveva mancare la pasta al forno con
anelletti e ragù e castrato (agnello particolare privo d’organi genitali e quindi più vigoroso) alla brace.