Non sono di meno le località dei Nebrodi
e dalle pendici dell’Etna dove vi sono grandi distese di castagneti, che
compongono nientemeno che una vegetazione secolare, se non millenari.
In questi territori, un tempo infatti, il castagno e la cultura dei suoi
frutti era fondamentale nell’alimentazione e nell’utilizzo del suo
pregiato legname di cui si ricavavano ragguardevoli mobili di uso comune e
rappresentativi per l’abitazione, ne sono un valido esempio di
considerevoli stanze da letto e di importanti scrittoi per professionisti.
“A’ castagna” al femminile, per i palermitani è intesa sia la pianta (il
castagno) che il frutto (la castagna), quest’ultima spogliata dal
rivestimento e tolta la pellicina è fatta essiccare, quindi si trasforma
in “cruzzitedda” è viene utilizzata per alcune caratteristiche minestre
invernali, dove compaiono anche i legumi, non cotta e disseccata,
comunemente si accompagna al famigerato “scaccio” dove sono presenti anche
“calia e simienza”(ceci tostati e semi di zucca).
Una vera ghiottoneria anticamente era rappresentata dalla vendita degli
“allessi” calde (caldallessa), un piccolo deschetto con un pentolone
fumante, in un cuppittieddu’ di carta “oleata” venivano serviti un
miscuglio di castagne secche, fichi e carrube lessate, inoltre gli
avventori bevevano anche il brodo (u’bruoru dà allessi).
Frutto ovale con l’apice appuntito, dalle qualità eccezionali, per molto
tempo se ne ricavò farina usata nella comune alimentazione per la
gastronomia tipica siciliana, mantenendo un ruolo importante che con i
tempi è stato soppiantato dalla mandorla.
I fiori di castagno fatti bollire venivano utilizzati dai contadini per
tingere in nero i tessuti di manifattura domestica che chiamavano “drappu”.
In condizioni più recenti viene utilizzata per fare dolci o nella
farmacologia, nella medicina popolare era un toccasana per curare
l’acidità di stomaco difatti si consigliava di inghiottirla cruda, nella
pasticceria moderna si usa per ricavarne gli squisiti “ marroni”.
Tale era la considerazione per questo semplice frutto che alcuni
palermitani ai primi anni del novecento lo assunsero come simbolo per un
movimento politico detto dei “castagnari”.
La castagna era effigiata nel muro perimetrale di una casa a Ballarò,
l’odierna via Nunzio Nasi proprio per ricordare il loro sostenitore, da lì
proviene il detto tipicamente palermitano: “manciati à castagna” cioè taci
e agisci.
Questa affermazione era stata adottata dai suoi seguaci affinché tenessero
la bocca chiusa, parlare poco e agire molto contro la tribolazione usata
dal governo Giolitti, avversario di Nunzio Nasi.
Fervente difensore di quest’ultimo è attivista fondatore di questo
movimento era il famigerato personaggio eclettico Ciccio Lupo famoso
“gazzettiere”.