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PANORMUS - USANZE

LE CALDARROSTE

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Il castagno a fianco dell’ulivo è l’altro grande padre nel paesaggio siciliano. Una produzione considerevole di questo prodotto che è la castagna ci perviene dalle zone del palermitano, e precisamente dalle Madonie: a Castelbuono, Pollina e Petralia Sottana in quest’ultimo paese nel mese di ottobre si svolge la sagra della castagna, durante la quale si consumano caldarroste, castagne bollite e lessate “pastigghi” e “cruzziteddi” (castagne secche).

Non sono di meno le località dei Nebrodi e dalle pendici dell’Etna dove vi sono grandi distese di castagneti, che compongono nientemeno che una vegetazione secolare, se non millenari.

In questi territori, un tempo infatti, il castagno e la cultura dei suoi frutti era fondamentale nell’alimentazione e nell’utilizzo del suo pregiato legname di cui si ricavavano ragguardevoli mobili di uso comune e rappresentativi per l’abitazione, ne sono un valido esempio di considerevoli stanze da letto e di importanti scrittoi per professionisti.

“A’ castagna” al femminile, per i palermitani è intesa sia la pianta (il castagno) che il frutto (la castagna), quest’ultima spogliata dal rivestimento e tolta la pellicina è fatta essiccare, quindi si trasforma in “cruzzitedda” è viene utilizzata per alcune caratteristiche minestre invernali, dove compaiono anche i legumi, non cotta e disseccata, comunemente si accompagna al famigerato “scaccio” dove sono presenti anche “calia e simienza”(ceci tostati e semi di zucca).

Una vera ghiottoneria anticamente era rappresentata dalla vendita degli “allessi” calde (caldallessa), un piccolo deschetto con un pentolone fumante, in un cuppittieddu’ di carta “oleata” venivano serviti un miscuglio di castagne secche, fichi e carrube lessate, inoltre gli avventori bevevano anche il brodo (u’bruoru dà allessi).

Frutto ovale con l’apice appuntito, dalle qualità eccezionali, per molto tempo se ne ricavò farina usata nella comune alimentazione per la gastronomia tipica siciliana, mantenendo un ruolo importante che con i tempi è stato soppiantato dalla mandorla.

I fiori di castagno fatti bollire venivano utilizzati dai contadini per tingere in nero i tessuti di manifattura domestica che chiamavano “drappu”.

In condizioni più recenti viene utilizzata per fare dolci o nella farmacologia, nella medicina popolare era un toccasana per curare l’acidità di stomaco difatti si consigliava di inghiottirla cruda, nella pasticceria moderna si usa per ricavarne gli squisiti “ marroni”.

Tale era la considerazione per questo semplice frutto che alcuni palermitani ai primi anni del novecento lo assunsero come simbolo per un movimento politico detto dei “castagnari”.

La castagna era effigiata nel muro perimetrale di una casa a Ballarò, l’odierna via Nunzio Nasi proprio per ricordare il loro sostenitore, da lì proviene il detto tipicamente palermitano: “manciati à castagna” cioè taci e agisci.

Questa affermazione era stata adottata dai suoi seguaci affinché tenessero la bocca chiusa, parlare poco e agire molto contro la tribolazione usata dal governo Giolitti, avversario di Nunzio Nasi.

Fervente difensore di quest’ultimo è attivista fondatore di questo movimento era il famigerato personaggio eclettico Ciccio Lupo famoso “gazzettiere”.


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