Piccoli o grandi, vecchie o nuove rappresentano architetture minori a
dimensione d’uomo, esse non sono luoghi di culto, sono sempre lì per
accogliere una preghiera o un piccolo gesto di dedizione.
Alcune di tali edicole votive, oggetto di un sempre maggiore culto popolare,
hanno addirittura dato origine ad edifici religiosi.
L’uso di edificare cappellette, è d’origine pagana, i romani ai quadrivi
delle strade erigevano il “lararium”, un piccolo tempietto al cui interno si
custodivano le immagini dei Lari.
Nel periodo cristiano testimonianza di una fede religiosa popolare che si
manifesta attraverso l’elemento strutturale che è l’edicola e il Santo a cui
si ci affida per salvaguardia.
Realizzate nel materiale più vario hanno tutte le forme e gli stili secondo
le possibilità economiche del committente, tanto che quelle popolari sono più
numerose e bizzarre, non scarseggiano quelle edificate dal Senato
palermitano, da autorità ecclesiastiche, da confraternite e da famiglie
nobiliari.
Le più antiche immagini sono dipinte su ardesia (balata di Genova) altre
hanno statuette di gesso colorato, diverse con il simulacro nella sua somma
intera o a mezzobusto.
Il popolo non lesinava la “santa limosina” per non far mancare ceri, lampade
e i fiori sempre freschi; gli arcivescovi palermitani, tra i quali il
cardinale Lualdi, erano largheggianti nell’accordare giorni d’indulgenze
plenarie e remissioni di peccati a quanti recitassero una breve preghiera.
Chi costruiva l’altarino, ne curava la manutenzione e costantemente si
preoccupava di mantenere accesa la lampada, che aveva una doppia funzione,
quella di schiarire la strada o il vicolo per evitare furti e ferimenti di
persone che si lamentavano per il buio delle strade del tempo passato, i loro
nomi sono scritti in piccole lapidi marmoree a futura memoria, molte di
queste sono difese da grate di ferro battuto o da cancelletti, le immagini
solitamente è il vetro che le preserva.