Cheratosi
attinica 1
(>ARTICOLO
2<)
La cheratosi
attinica è una lesione neoplastica
epiteliale cutanea che si sviluppa
spontaneamente come conseguenza di
un’esposizione prolungata ai raggi
ultravioletti (UV): la sua insorgenza è
quindi correlata, più che all’avanzare
dell’età, all’effetto cumulativo
dell’esposizione ai raggi solari o ad altre
fonti UV come i lettini abbronzanti. Le
lesioni possono evolvere in carcinoma
squamocellulare invasivo. Per questo motivo
esse vanno diagnosticate e trattate
precocemente.
Etimologia
Il termine cheratosi attinica, coniato nel
1958 da Pinkus, significa “condizione” (-osis)
di eccessiva produzione di “tessuto
corneo” (-kerat) provocata dalla
“luce solare ultravioletta” (-aktis).
Storia
La cheratosi
attinica, descritta la prima volta nel 1896
da Dubreuilh, è stata ampiamente studiata in
seguito dal punto di vista clinico,
istologico e dermatoscopico. Nel 1926
Freudenthal parla di “cheratoma senile”.
Pinkus nel 1958 conia il termine cheratosi
attinica che oggi è il più utilizzato
sebbene spesso la si chiami con diversi
sinonimi, quali cheratosi solare, macchie
solari, cheratosi da luce solare o cheratosi
senile.
Caratteristiche
La cheratosi
attinica si manifesta con lesioni che
possono assumere forme diverse: macchie
piatte, placche ruvide e squamose, placche
squamose spesse. Il colore varia dal
roseo-rosso-giallastro-bruno. Le dimensioni
vanno da 2 a 6 mm, ma in certi casi possono
raggiungere i 4 cm di diametro. In generale
le lesioni non sono accompagnate da altri
sintomi, ma talvolta possono causare
prurito, bruciore, sensibilità alla
palpazione o dare la sensazione di avere una
scheggia nella pelle; raramente possono
sanguinare (traumi) o dare dolore. Non è
possibile stabilire quale cheratosi attinica
potrà evolvere a carcinoma squamocellulare
invasivo: di conseguenza esse vanno tutte
diagnosticate e trattate tempestivamente.
Epidemiologia
Le stime di prevalenza e incidenza della
cheratosi attinica possono variare molto sia
per le caratteristiche della popolazione
presa in esame dai diversi studi
epidemiologici, sia per le differenze nei
criteri diagnostici e clinici utilizzati per
definire questa patologia.
Quello che è certo è che la cheratosi
attinica colpisce milioni di persone e la
sua incidenza è in aumento a causa della
maggiore esposizione ai raggi solari UV e
dell’invecchiamento della popolazione.
Studi epidemiologici condotti in Australia
riportano una prevalenza del 67,7% negli
uomini e del 48,9% nelle donne sopra i 40
anni di età. Altri studi condotti su
popolazioni dell’emisfero Nord rilevano
valori tra l’11% e il 25%. Quanto al nostro
Paese, lo “Studio italiano sulla prevalenza
della cheratosi attinica” (Prevalence of
Actinic Keratoses Italian Study) riporta
un valore pari all’1,4% tra le persone oltre
i 45 anni e del 3% nelle persone di oltre 74
anni. Chi è affetto da cheratosi attinica ha
una probabilità sette volte maggiore di
sviluppare un tumore della pelle nei 12 mesi
successivi rispetto al resto della
popolazione.
I pazienti over 65 hanno un rischio 6 volte
aumentato di sviluppare un tumore della
pelle rispetto a chi non ha la cheratosi
attinica. È fondamentale trattare la
cheratosi attinica come lesioni che possono
evolvere in tumori cutanei invasivi non
melanoma: in tal senso la cheratosi attinica
può essere considerata un indicatore
prezioso dell’aumento di rischio generale
del carcinoma cutaneo.
Fattori
di rischio
I principali
fattori di rischio chiamati in causa nello
sviluppo della cheratosi attinica sono
l’esposizione al sole intensa e reiterata e
la suscettibilità (predisposizione) ai danni
solari. Uno studio multicentrico tedesco ha
individuato 10 variabili correlate al
rischio cheratosi attinica:
·
esposizione
(frequente e duratura nell’arco della vita);
·
storia
personale
(pregresse scottature solari, tumori maligni
cutanei);
·
storia
familiare
(tumori
cutanei maligni);
·
professione
(muratori, contadini, pescatori…);
·
stile di
vita
(velisti, golfisti, vacanze ai tropici e in
barca…);
·
fattori genetici e fenotipici,
protezione, scottature
(pregresse prima dei 20 anni);
·
sesso
(più colpito quello maschile) e tipo
di pelle (soggetti con pelle chiara
predisposta a scottature).
Profilo
di rischio
La cheratosi
attinica si riscontra in particolare negli
individui adulti di genere maschile con
pelle chiara, lentiggini, capelli
rossi-castano chiari, esposti nel corso
della loro vita ai raggi solari in maniera
continuativa o ripetuta per ragioni di
lavoro o attività ludiche. La patologia,
sebbene in misura minore, può colpire anche
soggetti di pelle scura. Le aree corporee
interessate sono quelle più esposte: cuoio
capelluto, viso, collo, mani, avambracci,
piedi.
Sesso
La
cheratosi attinica
è più
frequente tra gli uomini. Uno studio
condotto in Australia su persone con
cheratosi attinica
ha
evidenziato che la prevalenza della
patologia negli individui di età compresa
tra i 16 ed i 49 anni era del 27% per gli
uomini e del 13% per le donne. La differente
incidenza tra i due sessi decresce con
l’età, tanto che nella fascia d'età tra i 50
e gli 86 anni la presenza di
cheratosi attinica
si
riscontra nel 66% dei maschi e nel 56% della
popolazione femminile.
Istopatologia
Le
radiazioni solari UVB inducono alterazioni
specifiche del DNA cellulare. Determinante è
la mutazione del gene soppressore tumorale
p53 che in condizioni normali svolge un
compito molto importante: promuovere l’apoptosi,
cioè la morte delle cellule gravemente
danneggiate. La mutazione del gene p53
causata dalle radiazioni UVB dà luogo ad una
proliferazione e ad una crescita
inarrestabile dei cheratinociti danneggiati.
Conseguenza diretta è la perdita della
normale struttura degli strati cellulari che
compongono l’epidermide, i cui strati
profondi vengono “colonizzati” da cellule
ipertrofiche, iperproliferative e spesso
discheratosiche con anomalie del normale
processo di cheratinizzazione.
Diagnosi
La diagnosi di
cheratosi
attinica
è clinica e passa per la storia personale
del paziente, l’ispezione visiva della
lesione, la palpazione della lesione e la
valutazione istologica.
·
Diagnosi
strumentale:
sebbene la diagnosi clinica effettuata dal
dermatologo risulti affidabile almeno
attorno all’81%, si può ricorrere nei casi
dubbi alla dermatoscopia (dermoscopia o
epiluminescenza), tecnica non invasiva che
utilizza un piccolo strumento chiamato
dermatoscopio ottico che ha una sensibilità
diagnostica pari al 98,7% e permette
diagnosi molto precoci; oppure alla biopsia
che consente una diagnosi definitiva.
·
Diagnosi
differenziale:
è fondamentale distinguere le lesioni della
cheratosi attinica dai tumori cutanei
invasivi non melanoma quali il carcinoma
basocellulare (BCC) e il carcinoma
squamocellulare (SCC). Il primo, riferito
dai pazienti come una “ferita che non
guarisce” si presenta come una lesione
appena rilevata, lucente,
rosso-marrone-bluastra, origina dallo strato
inferiore dell’epidermide, a volte cresce in
modo silente per anni senza dare problemi.
Questo tumore non metastatizza, ma può
coinvolgere le strutture circostanti e
sottostanti, quindi è d’obbligo il
trattamento. Nel caso del carcinoma
squamocellulare, SCC, la lesione è più
rilevata e crostosa. Si tratta di un tumore
che nel 2-5% dei casi può dare metastasi. Si
stima che ogni anno una percentuale compresa
tra lo 0,025% e il 20% delle lesioni da
cheratosi attinica progredisca in SCC, il
60-80% di tutti gli SCC deriva invece da
lesioni da cheratosi attinica.
Progressione a neoplasia invasiva
È opinione
comune che la cheratosi attinica corrisponda
alla fase iniziale di un processo multi-step
di progressione tumorale che può portare
allo sviluppo del carcinoma a cellule
squamose invasivo. La cheratosi attinica e
il SCC invasivo sono legate da un continuum
di alterazioni istologiche accomunate dalla
conversione genetica indotta dalle
radiazioni UVB.
Nonostante
la presenza di prove e di analogie tra la
cheratosi attinica e il SCC invasivo, non è
possibile determinare clinicamente o
istopatologicamente quali lesioni da
cheratosi attinica subiranno questa
progressione. Tuttavia, dal punto di vista
clinico alcune manifestazioni quali eritemi
frequenti, ispessimento, ulcerazione,
irregolarità del bordo, indurimento,
infiammazione della base o variazione delle
dimensioni possono indicare tale
progressione.
Una volta
divenuta SCC invasivo, la lesione può
sanguinare, ulcerarsi, infettarsi,
distruggere le strutture anatomiche o
estendersi agli organi interni (metastasi).
Nei soggetti immunocompromessi il rischio di
progressione da cheratosi attinica alla
forma invasiva di SCC è 100 volte maggiore.
Il Campo
di Cancerizzazione
Le cheratosi
attiniche possono svilupparsi come lesione
singola o, più frequentemente, come lesioni
multiple su cute foto-danneggiata, con
diffuse alterazioni neoplastiche dei
cheratinociti nell’ambito di un contesto
noto come ‘campo di cancerizzazione’. Questo
concetto fu sviluppato per la prima volta da
Slaughter nel 1953 per spiegare lo sviluppo
di neoplasie primitive multiple in un’area
di cellule geneticamente alterate ed un
elevato tasso di recidive locali dopo
terapia. Il campo di cancerizzazione è stato
descritto in diversi organi quali la regione
testa/collo, i polmoni, la vulva, l’esofago,
la cervice uterina, le mammelle, il colon,
la vescica e la cute. Il termine
è utilizzato per indicare vaste aree di
lesioni precancerose dove cellule
geneticamente alterate ma istologicamente
senza atipie, precedono lo sviluppo di una
neoplasia e si affiancano a cellule maligne
già presenti. All’interno di un campo di
cancerizzazione non è possibile prevedere
quale CA progredirà nella forma invasiva né
in quali tempi. Il trattamento dei tumori
epiteliali, quindi, non deve essere limitato
alle singole lesioni ma deve essere esteso a
tutto il campo nel quale si sono sviluppate,
affinché tutta l’area sia adeguatamente
trattata, per prevenire
l’invasione della membrana basale, le
metastasi e la mortalità.
I
trattamenti della cheratosi attinica
In Italia si
stima che almeno 400.000 persone, l’1,4%
della popolazione sopra i 45 anni,
presentino lesioni da cheratosi attinica. Di
questi, solo il 44% ha avuto una diagnosi e
per almeno un quarto dei pazienti
diagnosticati i medici non ritengono
necessario un trattamento, che risulta
essere invece di estrema importanza vista la
potenziale progressione delle lesioni in
carcinoma a cellule squamose (SCC) invasivo.
Obiettivo
primario dei trattamenti della cheratosi
attinica è ridurre il numero di lesioni e
prevenire così il rischio di progressione in
carcinoma a cellule squamose (SCC) invasivo,
oltre che ottenere sollievo dai sintomi
quali prurito e sensibilità.
I
trattamenti utilizzati per la cheratosi
attinica possono essere:
•
mirati alla lesione, indirizzati cioè verso
una o poche lesioni visibili clinicamente;
• mirati al “campo di
cancerizzazione”, i cosiddetti Field
Directed Treatments, usati per trattare
allo stesso tempo le lesioni clinicamente
evidenti e la cute fotodanneggiata
circostante.
Le
terapie sono di tre tipi:
•
trattamenti fisici (crioterapia, laser
terapia, diatermocoagulazione, escissione
chirurgica, curettage);
•
terapia fotodinamica o PDT (rivolta sia al
“campo” che alle singole lesioni) effettuata
tramite un agente fotosensibilizzante, il
5-metilaminolevulinato (MAL) oppure l’acido
aminolevulinico cloridrato (ALA) e
successiva esposizione a luce rossa;
• trattamenti topici
(peeling chimico diclofenac sodico 3% gel
applicato due volte al giorno per almeno
60-90 giorni, imiquimod 5% crema applicato 3
volte a settimana per 4-8 settimane).
I trattamenti fisici e la terapia
fotodinamica richiedono l’accesso
ambulatoriale e in alcuni casi l’anestesia
locale.
Gli attuali trattamenti mirati alla lesione,
come la crioterapia ed il curettage, possono
essere accompagnati da dolore, permanenza di
cicatrici e da ipopigmentazione, il che non
li rende adatti per tutti i pazienti.
Il limite principale di questi trattamenti è
che non trattano il “campo di
cancerizzazione”, area di potenziale rischio
di addizionali cheratosi attiniche che
possono emergere in tempi successivi. I
trattamenti mirati al campo includono
trattamenti procedurali (come
dermo-abrasione e peeling chimico), non ben
studiati e poco utilizzati per la cheratosi
attinica e i trattamenti topici
farmacologici.
Gli attuali
trattamenti topici farmacologici si sono
dimostrati efficaci nel curare la lesione e
la pelle circostante. Ma presentano lo
svantaggio di richiedere un'applicazione
costante da parte del paziente per un
periodo di tempo prolungato, da 4 a 12
settimane. La durata della terapia e la
frequente presenza di risposte cutanee
locali (Local Skin Responses – LSRs)
soprattutto quando sopraggiungono mentre lo
schema di trattamento non è completato,
mettono a rischio l’aderenza al trattamento
da parte dei pazienti.
Accade spesso che molti pazienti ai quali
vengono prescritti trattamenti topici non
riescano a iniziare il trattamento (non
aderenza primaria), saltino delle dosi o
abbandonino la terapia (non aderenza
secondaria). Alcuni studi clinici dimostrano
che solo un quarto dei pazienti segue con
regolarità i trattamenti topici indicati dal
medico. È stato infine dimostrato che il
mancato completamento di un ciclo di
trattamento può comportare una riduzione
dell'efficacia terapeutica.
Picato®
gel
Picato® gel (ingenolo mebutato)
per uso topico rappresenta una nuova opzione
farmacologica mirata al campo ed è indicato
per il trattamento della cheratosi attinica
non-ipercheratosica e non-ipertrofica negli
adulti.
Picato® gel si differenzia da
tutte le terapie attualmente disponibili
mirate al campo in quanto ha una posologia
molto più concentrata che prevede un’unica
applicazione quotidiana sull’area
interessata per tre giorni consecutivi (nel
caso di cheratosi attinica sul viso e sul
cuoio capelluto) o per due giorni
consecutivi (nel caso della cheratosi
attinica su tronco ed estremità.
Questa nuova
opzione terapeutica è ricavata dalla linfa
della Euphorbia peplus (euforbia
minore), pianta utilizzata da tempo per le
malattie della pelle e per i tumori
non-melanoma.
Il gel è
disponibile in due concentrazioni con due
regimi di dosaggio a seconda del punto di
applicazione:
•
nelle cheratosi attiniche (CA) del viso e
del cuoio capelluto si utilizza Picato®
gel 150 mcg/g (0,015%) applicato una volta
al giorno per 3 giorni consecutivi;
•
nelle lesioni CA di tronco e arti si
utilizza Picato® gel 500 mcg/g
(0,05%) applicato una volta al giorno per 2
giorni consecutivi.
Il prodotto,
fornito in tubetti monodose contenenti
ciascuno 0,47 g (con diverse concentrazioni
di principio attivo a seconda se indicato
per il viso o corpo) di gel incolore
confezionati in pacchetti da tre o da due,
va conservato in frigorifero a 2°-8° C.
Efficacia
e
tollerabilità
Gli studi
preclinici hanno dimostrato che l’efficacia
di Picato® gel (ingenolo mebutato)
è basata su un duplice meccanismo d’azione:
ad alta concentrazione induce rapida
distruzione cellulare locale degli strati
più esterni dell’epidermide (rigonfiamento
dei mitocondri e perdita dell’integrità
della membrana cellulare), a bassa
concentrazione attiva una risposta
infiammatoria che richiama neutrofili e
cellule immunocompetenti, processo mediato
dalla proteina chinasi (PKC), enzima
coinvolto nella modulazione delle risposte
immunitarie.
Gli studi in
vitro e in vivo dimostrano che Picato®
gel, utilizzato come trattamento di “campo”,
è in grado di rimuovere le lesioni non
clinicamente evidenti prevenendo l’ulteriore
sviluppo di lesioni CA più grandi e più
gravi.
I risultati
di 4 studi clinici di fase III randomizzati,
in doppio cieco, veicolo-controllati (2
studi clinici su adulti con lesioni CA
viso/cuoio capelluto, 2 studi clinici su
adulti con lesioni CA tronco/estremità hanno
dimostrato l’efficacia di Picato®
gel: al 57° giorno dalla somministrazione la
completa guarigione varia dal 40% al 64%
negli studi clinici viso/cuoio capelluto,
dal 34% al 50% negli studi clinici
tronco/estremità; il numero di lesioni si è
ridotto dell’83% per viso/cuoio capelluto e
del 75% per busto/arti; a 12 mesi ha
mantenuto il risultato iniziale il 46,1% dei
pazienti viso/cuoio capelluto e il 44% di
quelli tronco/estremità con un numero di
lesioni ridotto dell’87,2% sul viso e cuoio
capelluto e del 86,8% su tronco e estremità.
Nessun paziente in terapia ha sviluppato SCC
nell’area di trattamento con Picato.
Negli studi
clinici gli effetti collaterali più
frequenti che si sono manifestati in oltre
il 2% dei pazienti trattati con Picato®
gel comprendono reazioni cutanee locali,
dolore nel punto di applicazione, prurito,
irritazione, infezione, edema periorbitale e
mal di testa.
Le
reazioni cutanee locali
Le reazioni
cutanee locali (Local Skin Reactions
- LSR) sono un effetto atteso e previsto nel
trattamento della cheratosi attinica con
agenti topici.
Le più
comuni LSR sono:
•
eritema;
•
sfaldamento/desquamazione;
•
formazione di croste;
•
gonfiore;
•
formazione di vescicole/pustole;
•
erosione/ulcerazione.
In genere si
manifestano entro il primo giorno d’inizio
trattamento, hanno un picco d’intensità fino
alla prima settimana dal completamento della
terapia e scompaiono già entro due settimane
per le aree trattate di viso e cuoio
capelluto ed entro quattro settimane per le
aree trattate di busto e arti.
Questi
effetti collaterali, prevedibili per gli
agenti topici impiegati nel trattamento
della cheratosi attinica, negli studi
clinici condotti su Picato® gel hanno
comportato un tasso molto contenuto di
abbandono della terapia (98% di aderenza
alla terapia):
·
per la cura
del viso o del cuoio capelluto un totale di
3 pazienti (1,1%) nel gruppo di Picato®
gel ha abbandonato prima lo studio;
·
negli studi
che coinvolgono le lesioni al tronco ed
estremità, hanno abbandonato la terapia
prima del tempo 6 pazienti (2,7%) nel gruppo
Picato® gel.
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