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Il dialetto: la grammatica siciliana

 

 

Il Siciliano presenta alcuni suoni diversi dall'Italiano. La maggior parte di essi sono costituiti da pronunce cacuminali (ottenute, cioè, piegando all'indietro la lingua contro il palato) di alcune consonanti e gruppi consonantici.

Queste le principali pronunzie cacuminali:
- il nesso dd, se esito del nesso latino LL : cavàddu - cavallo -
- la lettera r, se in inizio di parola: russu - rosso - (tale pronunzia è molto simile alla pronunzia dell'inglese "red" - rosso - )
- il nesso tr: tri - tre - (tale pronunzia è molto simile alla pronunzia dell'inglese "tree" - albero - )
- il nesso st: stujàri - pulire con una stuoia o simile - (tale pronunzia è molto simile alla pronunzia dello stesso nesso in lingua portoghese)
- il nesso str: strittu - stretto - (tale pronunzia è molto simile alla pronunzia dell'inglese "street" - strada - )

Inoltre:
- il nesso ci o sci (espresso graficamente, specie nel passato, anche con la sola lettera x), se esito del nesso latino FL : ciùmi - fiume - si pronunzia in una peculiare maniera (con varie differenze da area a area) con suoni non esistenti in italiano.

L'alfabeto siciliano ha cinque vocali con altrettanti suoni, al contrario dell'italiano che, con lo stesso numero di lettere, ne esprime sette. Mancano nel primo la e e la o chiuse (è, o), rimpiazzate rispettivamente da i e u. Sicché parole come tela, amore, nipote, voce, monte, neve, pecora, tacere, amare, dormire diventano fila, amuri, niputi, vucì, munti, nivi, pecura, taciri, amari, durmiri.

La vocale più debole è la i; in posizione iniziale non di rado cade, specie quando è seguita da m o n. Abbiamo così 'ngannari ingannare, 'nfernu inferno, 'nsignari insegnare, 'ncertu incerto, 'mpisu impiccato, e così via. Si hanno aferesi in a (ad esempio 'ntinna antenna, 'gnuni angolo) ma i casi non sono tanto numerosi.

Le differenze tra lingua e dialetto si accentuano nel settore dei dittonghi. Piede, nuovo, miele, nuora, uovo, cuore, cieco, per citare qualche caso, diventano pedi, novu, meli, nora, ovu, cori, cecu.

L'alfabeto comprende diciotto consonanti, due in più dell'italiano, la j e la doppia d cacuminale. La; equivale alla latina e alla provenzale; generalmente ha suono simile alla i: jornu giorno, jittari gettare, jocu gioco. La doppia d cacuminale è un retaggio semitico. Essa traduce la doppia / delle voci basso-latine e foneticamente si ottiene rovesciando la lingua contro il palato in modo da emettere un suono ddr-. cavaddu -cavallo, sedda- sella, casteddu -castello, beddu- bello, iddu egli e lui. Questa speciale consonante, che troviamo pure in Sardegna, in parte della Calabria e nel Salento, ritorna a doppia in alcune zone abitate dai discendenti degli antichi lombardi, giunti nell'isola al seguito del conte Ruggero.

Una certa confusione governa il plurale dei sostantivi. La regola è: i sostantivi terminanti in u diventano plurali con il semplice cambiamento della u in i: maritu/mariti, populu/populi, magistratu/magistrati. Alcune voci con la finale in u (piattu, libru, cannolu, per citare qualche caso) hanno il plurale in a (piatta, libra, cannala), vocaboli che nel basso latino erano di genere neutro.

 
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