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PANORMUS - CURIOSITA'

ROSALIA: A' SANTUZZA

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Il dipinto più antico che la rappresenta in abito di monaca basiliana, si orienta alla grande pala cinquecentesca ridipinta con forte risalto manieristico da Giacinto Calandrucci nel 1703, oggi al Museo Diocesano.



Ingresso al Santuario

Nei secoli XV e XVI la Santa taumaturga viene rappresentata come una donna laica, giovane e bella, sempre coronata di rose e talora di gigli, che simbolicamente rimandano al suo nome.

La storia del suo sacro culto è aggrovigliata, così anche quella legata alle raffigurazioni artistiche, va distinta in due diversi momenti, prima e dopo il 1624.

Molto frequente è l’iconografia di lei in abito da pellegrina, talvolta con in mano il bastone o anche la croce e con addosso, o ai piedi, la ciotola, spesso compare anche una scritta “Ego Rosalia Sinibaldi Quisquinae Amore Domini mei Jeus Christi” a testimonianza del suo amore per Cristo.

Appare accanto alla Santa, rare volte, un cane che si ricollega a quell’episodio che la vide profeta nei confronti di un uomo accompagnato dal fedele amico sul monte Pellegrino.

A celebrare la gloria della “Santuzza” in tutto il mondo cattolico, fu il pittore Vincenzo La Barbera che per primo dipinse una tavola commissionata dal senato palermitano nel luglio del 1624 che fu portata trionfalmente in processione per attutire la peste, immortalò la romita al centro di una Palermo che era racchiusa all’interno della cerchia murata cinquecentesca con il suo porto e il monte Pellegrino a simboleggiare la sua protezione per questa città.

Il più illustre, Van Dych trovandosi a Palermo per un breve soggiorno, inizio a dipingere una tela per l’oratorio del SS. Rosario, capolavoro che terminò a Genova nell’autunno 1627 e rispedì a Palermo nel 1628, aggiungendo nella rappresentazione l’effige della Santa imponendo la nuova iconografia, che successivamente trasmise in altre tre tele.

Dopo il 1624, una lunga schiera d’artisti ha ritratto per devozione per la Santa, innumerevoli opere d’arte e, in tutte sono presenti i simboli che la caratterizzano: il teschio e la corona di rose.

Targa dell'edicola posta in Via Gaetano La Loggia

Opere singolari realizzano i vari Rubens, anche Pietro Novelli dipinse diverse tele ispirandosi ai motivi vandickiani, che tramando ai suoi vari seguaci come: Andrea Careca, Pietro dell’Aquila, Pietro D’Asaro.

Magistrale è la rappresentazione in posizione sdraiata a terra, del periodo barocco, nel momento del trapasso con il braccio che regge il capo, l’angelo che l’accompagna, fedele custode della sua devozione, il teschio simbolo della fragilità umana, il tutto ambientato in una situazione che si svolge all’interno di una grotta.

Iconografia che ispirò il fiorentino Gregorio Tedeschi a realizzare nel 1625 la statua posta nell’ipotetico luogo dove erano sepolte le spoglie della Santa con la figura giacente e in estasi, con il capo sorretto dalla mano, mentre un angelo le porge la corona di rose e di gigli.

Di Carlo D’Aprile è la bella statua, che dal 1661 troneggia sulla facciata del Palazzo Municipale, Gaspare Guercio nel 1656 scolpi la scultura collocata all’interno del sacrato della Cattedrale palermitana, qui l’immagine cambia la statua e in posizione eretta.

Ne poteva mancare il celebre stuccatore Giacomo Serpotta che lavorò in diverse chiese e oratori, non venendo meno a realizzare opere inerenti la Santa.

Un posto particolare occupa la devozione popolare nell’arte povera, la “Santuzza” nella pittura su vetro, che ha avuto una favorevole generazione nel sette-ottocento, con il tempo, il livello artistico si è notevolmente ottimizzato lasciando opere di pregevole valore o, negli ex voto di diversi materiali come la latta o in tavolette di legno dove il sentimento popolare esala il culto per la Santa.

Tra le rappresentazioni cartacee votive, sia stampe sia incisioni, sicuramente Rosalia per i palermitani ha una collocazione ben determinata è tradizionale l’immagine di Santa Rosalia e il cacciatore o la classica dormiente.

I “santini”devozionali che ragguagliano la Santa a “cosa” intima, racchiusa in oggetti personali, utili nel momento dell’occorrenza.

Anche il teatro popolare si interessò alla Santa, durante gli spettacoli non di rado venivano rappresentati degli episodi biblici e la vita dei santi, il medesimo avvenimento si svolgeva nel teatro dei pupi di stile palermitano, la storia di Santa Rosalia per l’occasione veniva messa in scena nel giorno del “Festino” o il quattro settembre, il museo Internazionale delle Marionette conserva un bellissimo pupo che raffigura “Rosalia” proveniente da teatro di Vincenzo Crisafi e risale alla metà dell’ottocento.


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