U SIMINZARU: IL VENDITORE AMBULANTE DI SEMI
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Nella gastronomia rituale e di strada non
manca mai con la sua bancarella, U SIMINZARU, ad onorare le grandi kermesse di
festeggiamenti di Santi e Patroni, come non disdegna tutti quei
avvenimenti civili che la società moderna a confezionato per
l’aggregazione comune (tipo stadio, concerti ecc.). |
La sua apoteosi è raggiunta con la presenza immancabile nel tradizionale
trionfo che si organizza in occasione del Festino dove una copiosa
presenza di palermitani si rivolgo a lui per poter “ammazzari” u’Tempu” in
attesa dei tramandati
“buotti” (fuochi d’artificio) che con la testa in su
verso il cielo e con la mano sinistra occupata da un “cartuoccu” di “calia
e simienza” ossia “scacciu” (da schiacciare) come comunemente viene
chiamata, che con la mano destra stretto tra l’indice e pollice sta un
seme che con molta spontaneità sarà chiuso tra i denti che con un
semplicissimo gesto farà uscire il suo contenuto e il suo involucro
comunemente buttato a terra, lasciato a testimonianza della sua copiosa
presenza.
All’occasione si consumano quintali di
“calia e simienza” che sicuramente
sarà accompagnata da una bella bevuta di vino o birra.
Sparsi con la loro bancarella ambulante tra la gente astante, i più
organizzati occupano in pianta stabile momentanea, il Foro Italico, tra il
marciapiede dove è presente palchetto della musica e l’incrocio con la via
Lincoln.
La loro coloratissima bancarella, si fa per dire, esce da ogni schema
comune, un grande apparato di tralicci, preparati in tempo utile, viene
ricoperto scenograficamente da pannelli istoriati come quelli dei carretti
con scene dei “Paladini di Francia” attorniati dai classici ornati dei
principali sei colori senza gradazioni intermedie, senza chiaro scuro:
rosso, giallo chiaro dorato e splendente per preparare il fondo, bianco,
turchino, verde e nero.
In prevalenza domina il rosso e poi il turchino, il bianco e il verde,
cosparse con tecnica ordinaria senza modellazione di sorta e solo qualche
volta sottilmente filettate di nero che racchiudono le figurazioni.
Viene a formare una alta quinta ( un proscenio) che ai piedi ospiterà il
bancone vero e proprio dove scompartite e ammucchiate sono esposti i
prodotti.
Impreziosirà il tutto la presenza di Bandierine tricolori, orifiamma,
frange, cartoncini, festoni di carta d’ogni colore e stagnola luccicante,
e ovunque, immancabile, troneggia l’effige iconografica della Santa nelle
diverse immagini, ma non si disdegnano altri personaggi come: Napoleone a
cavallo, Garibaldi o evocare scene dell’impresa garibaldina, o altri
ancora secondo la fantasia del pittore, altri Santi partecipano a questa
esposizione come: la Madonna del lume, Santa Rita e tanti altri ancora
secondo la devozione del committente.
Immancabile la “calia” o ceci tostati, secondo la consuetudine
palermitana, simienza con le sue varianti: con sale e senza o poco, come
la preferiscono i clienti, noccioline americane (arachidi), nocciole
tostate (nucciddi atturrati), pistacchi secchi e salati, castagne secche (cruzziteddi),
carrube secche, favi atturrati (fave tostate) e i lupini tenuti a bagno
nell’acqua salata in un recipiente di rame (quarara).
A rischiarare l’artistica bancarella il più delle volte e per la sera ci
pensano le luci delle lampadine multicolori delle luminarie. Tra la merce esposta “
à munzzieddi” come se fossero delle piramidi,
spicca luccicante, come un fiore all’occhiello, la rudimentale “balanza”
una bilancia con i piatti d’ottone lucidati al Sidol, che con un tocco magico peserà la
merce richiesta.
Fino agli anni settanta la magnificenza di un “siminzaru” che organizzava
la sua baracca era quella di “Santu ù miricanu” con un apparato da fare
paura, tanto che i suoi colleghi per non sfigurare al suo cospetto si
tenevano alla larga senza “armare” accanto a lui. Oggi alcune baracche di questo genere sono ancora sontuose, ma la loro
presenza si è limitata, anche perché, i “posti” in gergo, sono rari ad
occuparsi.
Ogni anno in occasione del “Festino” in cui viene organizzato una specie di concorso che premia la migliore bancarella, l’unico ad
predisporsi per quanto riguarda la bancarella “du siminzaru” è il signor
Giuseppe Accomando che regolarmente vince il primo premio.
Resistono i carrettini ambulanti trascinati a mano o le motoape, si
ritrovano per le strade, alcuni hanno il “posto” fisso in determinati
quartieri altri girano soprattutto in particolari giorni d’aria di festa,
poiché è parte integrante del tempo libero e delle rappresentazioni
religiose.
Con le ruote gommate, apparati con palloncini e bandierine di carta
colorata e piccole istorature tinteggiate, immancabilmente è presente la
figura di un Santo o della Madonna o il Sacro cuore di Gesù, posti a
protezione di un cospicuo guadagno.
Sul tavoliere diviso a scomparti si troverà la “calia e simenza” e altri
prodotti assimili, il seme di zucca salato e tostato è di tipo
industriale, si perché la concorrenza è arrivata pure in questo settore,
ormai viene venduta dalle aziende già confezionata nei supermercati,
minacciando di far scomparire questa figura e mestiere.
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