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PANORMUS - GASTRONOMIA PALERMITANA

I tipici "pani" palermitani

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Per il pane scoppiarono diverse sommosse, le famose “rivolte del pane” e si capovolsero governi, facendo enumerare diversi morti, quindi era necessario che non mancasse mai sul mercato cittadino.

Il senato palermitano per ovviare a ciò, nel XVIII secolo, provvedeva direttamente all’approvvigionamento del grano per mezzo della “colonna frumentaria” (sorta di contributo all’acquisto del grano) ed istituiva i forni cittadini.


Distribuiti nei principali mercati, erano rigorosamente dislocati nei vari quartieri della città murata e, si preoccupavano per la panificazione e la vendita che era a prezzo calmierato, poiché era proibito panificare nelle proprie case, ne facevano privilegio le comunità religiose e le famiglie aristocratiche, ai fornai restava solo il compito di produrlo poiché loro erano retribuiti dall’amministrazione pubblica.

Di questi forni se ne contavano trentotto in tutta la città ed era facile individuarli, giacché la loro ubicazione si trovava in vie e vicoli denominati per la connessa attività, dopo la loro scomparsa si mantengono soltanto alcuni toponimi come: vicolo del forno ai maestri d’acqua e vicolo del forno e via biscottai nel quartiere del palazzo reale.

In quest’ultima via la presenza dei forni era più numerosa, alla panificazione, associavano la produzione di biscotti di vario genere molto rinomati.

La loro produzione era accentrata in pezzature di forma relativamente comune al pane che si confezionava in campagna e cotto nel forno a legna, il “vastidduni”, preparato con farina integrale di grano duro di forma rotonda classica per eccellenza dalla pezzatura di un chilogrammo o mezzo chilo, dal bronzeo colore esterno con mollica spugnosa e gialla, che nelle tumultuose rivolte dei secoli passati fu sempre preso come distintivo alla fame del popolo e, da “carrineddi” dalla pezzatura da un quarto di chilo, per il suo valore commerciale che era un “carrinu”, del tipo oggi detto “rimacinatu”.

Pane contadino o “pane di casa” che si conserva a lungo preparato una volta la settimana, generalmente il sabato con un rituale esclusivo.
In tempi più moderni è stato rimpiazzato, quasi un ritorno al tradizionale pane di casa cotto a legna, con il “pane di Monreale” che è venduto da ambulanti per strada la domenica in specie a pagnotta e a “pistuluna” (filone).

Si dovette aspettare la produzione di farina di grano tenero tipo 00 per i panificatori confezionare con arte nella quale si distinguono varie forme di pane comune.

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