Le sue tracce, iniziano
presso il più vasto dei complessi cimiteriali ipogeici conosciuti a
Palermo, nelle Catacombe paleocristiane dell’IV-V secolo d.c., una serie
di cunicoli che affondavano nella sua rete che si diparte oltre le antiche
mura di Porta d’Ossuna, nella depressione naturale del transpapireto, si
distribuisce all’intero di un preciso quartiere, il “Capo”, segreto di
quell’imprendibilità che contribuì ad alimentare il mito, nella quale il
Natoli ambienta alcuni avvenimenti del romanzo.
La sua ramificazione fu
tagliata nel XVI sec. per permettere di costruire dei bastioni che
attualmente fiancheggiano Corso Alberto Amedeo.
La grotta fu scoperta
casualmente nel 1785, effettuando alcuni lavori nel terreno soprastante,
scavata nel banco roccioso di pietra arenaria che limita a Nord-Ovest la
depressione naturale del Papireto, uno dei due fiumi che, insieme al
Kemonia, delimitavano l’area urbana dell’antica Panormus.
L’ingresso attuale è
preceduto da un vestibolo circolare e, fu realizzato nello stesso anno
della scoperta, per volere di Ferdinando I di Borbone, come riferisce una
lapide posta all’ingresso.
Organizzata da una galleria principale con direzione Est-Ovest dove si
trova l’ingresso originario con rampe gradinate e adiacente ad esso vi è
una camera con basamento trapezoidale con probabile funzione di mensa per
i refrigeri e, di gallerie secondarie con direttrice Nord-Sud.
Lungo le pareti si aprono
“loculi e Cubicoli”, quest’ultimi, vere e proprie camere sepolcrali, a
pianta quadrangolare, detti a “tricora” per via del numero degli arcosoli
che la compongono.
Disseminati di piccoli incavi i muri, accoglievano offerte e lampade ad
olio, che garantivano la luce insieme a quella proveniente dai lucernai,
l’illuminazione necessaria al sepolcreto.
Durante la seconda guerra
Mondiale, il complesso fu utilizzato come “ricovero”, in tale occasione le
superfici furono imbiancate con della calce che distrusse ciò che rimaneva
delle antiche decorazioni.
Subito dopo la piazzetta d’Ossuna inizia la via Cappuccinelle
denominazione data per la presenza del monastero di clausura delle
cappuccinelle con l’annessa chiesa, costruiti nel 1750, durante i lavori
di scavo per le fondamenta vennero alla luce un tratto delle gallerie
dell’antica catacomba e in quell’occasione si trovò una lapide sepolcrale
che descriveva la tomba di una bambina (Maurica).
In Via Papireto
s’incontrano il Palazzo Fernandez e, in una piccola piazzetta all’inizio
della depressione del papireto (un tempo occupata dalle sue limacciose
acque), il palazzo Molinelli di S.Rosalia; via dei Carrettieri all’angolo
con via Matteo Bonello un tempo via dell’Angelo Custode per via della
presenza dell’attuale chiesa della confraternita degli staffieri il cui
patrono è l’Angelo Custode: edificata nel 1701 ad unica navata, ha la
caratteristica di avere nella facciata una scalinata a doppia rampa
“Tenaglia”, tipica delle casene di villeggiatura settecentesche.
La cripta di questa chiesa,
manomessa in quanto adibita ad altro uso, è collegata ad un reticolo di
passaggi e camminamenti utilizzato dalla famosa setta, ma attualmente ne
sono stati ostruiti gli accessi.
La "Mercede"
Addentrandosi fra i vicoli si può notare un’edilizia disadorna con
qualche vetusto palazzo che cela nelle sue fondamenta una serie di
grotte sconosciute ed inaccessibili.
Rientrando in via Cappuccinelle si arriva un uno spiazzo qui il piano
orografico si presenta con un’altura nel quale permane la chiesa della
confraternita della
Mercede da una rampa di scale sì c’immette nel piano
stradale e, proprio davanti alla scalinata si apre il portone del barocco
Palazzo Serenari con bellissime inferriate ai balconi a petto d’oca: nel
romanzo del Natoli il fabbricato è la dimora di Don Raimondo Albamonte
duca della Motta, zio usurpatore del legittimo erede Blasco, protagonista
principale, attorno a cui si svolgono tutte le vicende del romanzo.