Mappa Sito

Nuovo Sito clic qui

 

PANORMUS - RITI RELIGIOSI

LA DOMENICA DELLE PALME

<Segue

A preparare e a vendere le palme sono oggi persone che da sempre si sono industriate a fare i più disparati mestieri, che con il loro motofurgone vendono le palme sul sagrato delle chiese.

Una volta era “u palmaru” cioè il venditore di palme, che un mese prima della giornata celebrativa faceva il giro per le campagne, tagliava i rami delle piante scegliendo i migliori, operando così una naturale sfrondatura delle piante.


Tra le palme, la più adatta all’occasione è la “phoenix dactylifera” ma, in mancanza di questa, si usa la palma delle canarie, dopo aver scelto il tipo “fimmininu”, individuabile per i rami resistentissimi (spatuli) da cui pendono i frutti.

Questa presenta foglie con lacinie più lunghe e sottili, e deve avere una lunghezza di due metri per essere adatta all’intreccio (“curina”). Vengono perciò generalmente scartate quelle che non danno frutti (le cosiddette “masculine”), con lacinie più corte e meno adatte ad essere intrecciate.

Dalla raccolta alla lavorazione, trascorrono pochi giorni, durante i quali le palme sono sistemate in luoghi asciutti e coperti da teli, affinché le foglie, debitamente essiccate, siano pronte per l’intreccio.

Ogni foglia viene aperta a ventaglio per verificarne le lacinie e asportarne gli stami secchi.

Successivamente si staccano quelle estreme, fissate alla base, per lasciare libero l’asse di sostegno necessario all’impugnatura della palma.

Alla base dell’intreccio c’è un preciso studio della forma da seguire per le combinazioni,  e le composizioni  vengono suddivise in “figure”.

Un regola generale nelle operazioni d’intreccio è di dare rilievo alla simmetria, lavorando “a specchiu”, nel senso che ogni figura composta sul lato sinistro del ramo va riprodotto eguale e alla stessa altezza sul lato destro.

“Carri” o “cunocchi” sono in modo generale chiamati i piani o i campi in cui si suole dividere la superficie lavorata del ramo. La creazione di una palma, il suo pregio o il tempo necessario per poterla intrecciare, dipendono in gran parte dal numero di “carri” in cui risulta strutturata e dalla complessità di elaborazione delle singole figure: (panareddi, vureddu di lupu, trizza a spica, trizza a cannizzu, trizza a pettu d’oca, trizza a crocchiula, trizza a spicchiu di mennula,…).

Le lacinie vengono piegate dalle mani esperte dell’artigiano che, con il solo uso delle dita  realizza l’intreccio e l’aspetto voluto. Osservando le palme esposte, risulta sorprendente la varietà di soluzioni compositive realizzate, ed è in rapporto a questa unicità, data dalla misura e dalla complessità del disegno, che successivamente ne viene fissato il prezzo di vendita.

La fase di rifinitura non segue immediatamente quella dell’intreccio;  soltanto alla vigilia della domenica vengono di  solito guarnite o decorate da nastri colorati. Nel frattempo, per rallentarne il rinsecchimento, vengono conservate dentro recipienti d’acqua che ne bagnano appena i gambi. Il fiocco o il santino con cui si arricchiscono non sono mai forniti come accessori, ma come segni di compiacimento per la funzione cui sono destinate.

A volte si preferisce imbiancarle con un procedimento particolare: si tengono chiuse in una zona buia e affumicate con i vapori liberati dallo zolfo acceso in un contenitore per almeno ventiquattro ore. L’azione scolorante rende le lacinie di un bianco pallido, su cui spiccano meglio, come in una filigrana, le figure intrecciate e le decorazioni.

Il simbolo della croce campeggia sull’estremità delle palme commissionate dalle confraternite: queste vengono lavorate in modi molto particolari e devono essere di una lunghezza determinata, per adeguarsi alle urne del Cristo morto.

Oggi molti degli usi tradizionali connessi alla preparazione delle palme sono in gran parte svaniti o trasformati; gli addetti ai lavori, pressati dall’esigenza di confezionare nel più breve tempo possibile il maggior numero di palme, finiscono col ridurre all’essenziale gli elementi compositivi e decorativi degli esemplari. Di fatto è scomparsa del tutto la figura del “palmaru”, sostituita dai fiorai i quali hanno però mantenuto i segreti della manifattura della palma pasquale, anche se ormai, complice una maggiore coscienza “ambientale” tesa a proteggere le superstiti palme, è più diffusa la vendita di piccoli rami d’ulivo colorati con una soluzione argentata o dorata e sigillati nelle buste di cellophane.

La religione cattolica ha tentato di attribuire un significato cristiano all’usanza dei rami d’ulivo e delle palme pasquali, indicando nelle propaggini delle palme la vittoria che il Redentore ha riportato sul principe della morte e nei rami d’ulivo l’unzione della misericordia.

Continua>>


Le foto e i testi di questo sito sono protetti da copyright 2002/2022 ©Carlo Di Franco e concessi in esclusiva a ©PalermoWeb.com
E' possibile, su richiesta, ottenere delle copie per usi commerciali: contattaci