Tra
le palme, la più adatta all’occasione è la “phoenix dactylifera” ma,
in mancanza di questa, si usa la palma delle canarie, dopo aver scelto il
tipo “fimmininu”, individuabile per i rami resistentissimi (spatuli) da
cui pendono i frutti.
Questa presenta foglie con lacinie più lunghe e
sottili, e deve avere una lunghezza di due metri per essere adatta
all’intreccio (“curina”). Vengono perciò generalmente scartate quelle
che non danno frutti (le cosiddette “masculine”), con lacinie più corte
e meno adatte ad essere intrecciate.
Dalla raccolta alla lavorazione,
trascorrono pochi giorni, durante i quali le
palme sono sistemate in luoghi asciutti e
coperti da teli, affinché le foglie,
debitamente essiccate, siano pronte per
l’intreccio.
Ogni foglia viene aperta a ventaglio per verificarne le lacinie e asportarne
gli stami secchi.
Successivamente si staccano quelle estreme, fissate alla
base, per lasciare libero l’asse di sostegno necessario all’impugnatura
della palma.
Alla base dell’intreccio c’è un preciso studio della forma da seguire per
le combinazioni, e le composizioni
vengono suddivise in “figure”.
Un regola generale nelle operazioni d’intreccio è di dare rilievo alla
simmetria, lavorando “a specchiu”, nel senso che ogni figura composta sul
lato sinistro del ramo va riprodotto eguale e alla stessa altezza sul lato
destro.
“Carri” o “cunocchi” sono in modo generale chiamati i piani o i campi
in cui si suole dividere la superficie lavorata del ramo. La creazione di una
palma, il suo pregio o il tempo necessario per poterla intrecciare, dipendono
in gran parte dal numero di “carri” in cui risulta strutturata e dalla
complessità di elaborazione delle singole figure: (panareddi, vureddu di lupu,
trizza a spica, trizza a cannizzu, trizza a pettu d’oca, trizza a crocchiula,
trizza a spicchiu di mennula,…).
Le lacinie vengono piegate dalle mani esperte dell’artigiano che, con il solo
uso delle dita realizza
l’intreccio e l’aspetto voluto. Osservando le palme esposte, risulta
sorprendente la varietà di soluzioni compositive realizzate, ed è in rapporto
a questa unicità, data dalla misura e dalla complessità del disegno, che
successivamente ne viene fissato il prezzo di vendita.
La fase di rifinitura non segue immediatamente quella dell’intreccio;
soltanto alla vigilia della domenica vengono di
solito guarnite o decorate da nastri colorati. Nel frattempo, per
rallentarne il rinsecchimento, vengono conservate dentro recipienti d’acqua
che ne bagnano appena i gambi. Il fiocco o il santino con cui si arricchiscono
non sono mai forniti come accessori, ma come segni di compiacimento per la
funzione cui sono destinate.
A volte si preferisce imbiancarle con un
procedimento particolare: si tengono chiuse in una zona buia e affumicate con i
vapori liberati dallo zolfo acceso in un contenitore per almeno ventiquattro
ore. L’azione scolorante rende le lacinie di un bianco pallido, su cui spiccano
meglio, come in una filigrana, le figure intrecciate e le decorazioni.
Il simbolo della croce campeggia sull’estremità
delle palme commissionate dalle confraternite: queste vengono lavorate in
modi molto particolari e devono essere di una lunghezza determinata, per
adeguarsi alle urne del Cristo morto.
Oggi molti degli usi tradizionali connessi alla
preparazione delle palme sono in gran parte svaniti o trasformati; gli
addetti ai lavori, pressati dall’esigenza di confezionare nel più breve
tempo possibile il maggior numero di palme, finiscono col ridurre
all’essenziale gli elementi compositivi e decorativi degli esemplari. Di
fatto è scomparsa del tutto la figura del “palmaru”, sostituita dai
fiorai i quali hanno però mantenuto i segreti della manifattura della palma
pasquale, anche se ormai, complice una maggiore coscienza “ambientale”
tesa a proteggere le superstiti palme, è più diffusa la vendita di piccoli
rami d’ulivo colorati con una soluzione argentata o dorata e sigillati
nelle buste di cellophane.
La religione cattolica ha tentato di attribuire un
significato cristiano all’usanza dei rami d’ulivo e delle palme
pasquali, indicando nelle propaggini delle palme la vittoria che il
Redentore ha riportato sul principe della morte e nei rami d’ulivo
l’unzione della misericordia.