Una delle principali attrazione della festa di resurrezione è la fiera
dei giocattoli, “a fiera di Pasqua”.
Essa si svolgeva nell’immensa
piazza Castello, un grande semicerchio di baracche di legno, dentro a
cui di giorno e di sera, pigiasi una folla enorme, tutto intorno è un
pandemonio, bimbi che corrono di qua e di là per accattivarsi il
giocattolo preferito.
E’ uno strepito infernale di
fischietti, di corni, di tamburelli e di trombette, è un vociare, un
gridare, uno schiamazzare incessante, in questa baraonda c’è chi si
diverte.
Era il pranzo che aggregava tutti i familiari ed amici, i giorni di
quaresima si era provveduto a mangiare “a precetto”, ma Pasqua si
celebra a tavola, per tradizione non doveva mancare il capretto o
l’agnello, arrostiti alla brace o in modo classico “agglassati” con le
patate, oppure al forno, era abitudine che si mandava a cuocere dal “furnaru”.
La carne di capretto assai più
delicata di quella dell’agnello, che ha un gusto piuttosto forte ed un
odore acre, non sempre piacevole, chi non poteva si accontentava dello
“spezzatino” contornato da tante patate.
I primi solitamente erano due: la
pasta con la “coratella” di capretto, cioè l’insieme delle interiora
dell’animale, comprendente cuore, fegato, polmoni, rognoni e trachea in
umido o la classica pasta con la salsa di estratto di pomodoro con la
carne “capuliata”.
Una volta si festeggiava Pasqua
mangiando uova sode, perché l’uovo come simbolo per eccellenza della
nascita e per conseguenza della rinascita di Cristo, si regalavano i
“pupi
cù l’ovu”, oggi ci sono soltanto quelle di cioccolato.
Da un retaggio del pupattolo con
l’uovo sodo, che assumeva la forma di uccello, ci viene la “colomba”
personificazione della tradizione ebraica pasquale.
Secondo l’uso, mangiavano agnello o capretto e poi un dolce, a forma di
colomba, per simboleggiare lo Spirito Santo.
In tempi moderni, periodo
dell’industrializzazione, si provò a produrli in serie i primi furono la
“Motta e l’Alemagna” imprenditorie dolciarie.
Ma il dolce per eccellenza resta
la “cassata
alla siciliana”, come non deve mancare le “picureddi”
di pasta di mandorle teneramente adagiate su un verde prato di erbetta
finta e disinvoltamente munite di una bandierina rossa, simbolo del
sangue versato, con una stellina d’oro personificazione del Redentore
Resuscitato.