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PANORMUS - USANZE

U FIRRAUSTU, IL FERRAGOSTO PALERMITANO

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La festa della Madonna “di mezz’austu” (di mezzo agosto) si svolgeva secondo un preciso rituale di comportamenti e convinzioni, che trovano riscontro  nell’antico proverbio: “Austu e riustu è capu d’invernu”. (trascorso il mese di agosto, è l’inizio dell’inverno).


La festa di mezz’agosto, come altre che si presentano nello stesso periodo, rappresenta il momento in cui l’estate si avvia al suo declino e, anche qui, è il fuoco a raffigurare uno dei momenti principali della purificazione. Ed ecco organizzare, alla vigilia, grandi falò che hanno lo scopo di scacciare le forze del male che si aggirano, e di ritardare l’arrivo della nuova stagione. Altrettanto importante, in questo cerimoniale, è l’acqua, e per questo si ha la consuetudine di organizzare i falò in spiaggia ed accorrere in massa al bagno di mezzanotte, dal valore purificatore e propiziatorio.

Festa praticata soprattutto nell’oriente cristiano, dove il rituale ecclesiastico andava sotto il nome di “dormizione della Vergine”.

Il cerimoniale paleocristiano del “dormitio” fu, nel tempo, sostituito con la festa della Madonna “Assunta”, intendendo simboleggiarne, con tale termine, il trapasso dalla vita terrena alla vita celeste; la Madonna è raffigurata distesa sul letto di morte.

Il culto dell’Assunta in Sicilia, e a Palermo in particolare, è antichissimo. All’epoca dei normanni si onorava la Vergine Assunta e proprio a Lei è dedicata la cattedrale della città

Un riscontro di questo culto, introdotto nel periodo bizantino, sopravvissuto in epoca musulmana e mantenuto nella dominazione normanna, è visibile nella chiesa della Martorana, che risale al 1140, all’interno della quale esiste la più antica iconografia siciliana della “dormizione”. In un prezioso mosaico è raffigurata la Vergine dormiente circondata dagli Apostoli in atto d’essere Assunta in cielo. Tale iconografia trovò ampia diffusione nella cultura popolare.

Ha la medesima tipologia il simulacro che si venera tutt’oggi nella chiesa dei Cappuccini di Palermo, modellato in cera nel 1846 da Emmanuele Marino. Il fercolo processionale ha la forma di un cataletto dipinto a rose che riproduce ornamenti dell'antica “vara” settecentesca.

Risalendo al 1533, scopriamo che i cappuccini si stabilirono in città dedicando all’Assunta la loro chiesa. Nei secoli successivi ebbe grande incremento la festa in Suo onore, e per tre giorni si svolgevano in tutta la città maestose “cavalcate” e processioni cui partecipavano la nobiltà, il senato e lo stesso Viceré.

Il 15 agosto si svolgeva la sfilata dei “Cerei” (in uso in molte parti d’Italia), che il popolo aveva ribattezzato “cilii”, che si concludeva nel piano della cattedrale. L’uso di offrire ceri alla Vergine Assunta nel giorno della sua festa fu introdotto nel periodo svevo.

In seguito i cilii furono rappresentati da varie categorie di maestranze, ciascuna delle quali portava in processione la Vergine con un proprio fercolo ornato di candele, che da cilii prese il nome, e tale usanza divenne il simbolo tradizionale di tributo alla Vergine. Negli anni successivi tale usanza, abbandonata dagli adulti, venne a decadere, lasciando il posto ad una serie infinita di piccole processioni, chiamate “varicedde”, (piccole vare), organizzate dai più giovani.

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