GLI ESAMI PER
CUORE
E METABOLISMO
In questa sezione ne
sapremo di più su alcuni importanti
valori relativi alla presenza nel nostro
sangue di alcuni elementi
particolarmente sensibili all'apparato
cardiocircolatorio, come i zuccheri, i
grassi, il calcio e le proteine.
-
Glicemia
-
Proteina C reattiva
-
Colesterolo
-
Trigliceridi
-
Calcio
-
Paratormone
-
Vitamina D (calcidiolo e
calcitriolo)
-
Calcitonina
Glicemia (zucchero nel
sangue)
La glicemia a digiuno serve a
misurare quanto glucosio è presente nel
sangue. Indirizza, ma non basta, alla
diagnosi di diabete.
Cosa si misura Il test misura la concentrazione di glucosio nel sangue.
Il glucosio è uno zucchero e rappresenta la principale
risorsa di energia per l’organismo. I suoi livelli nel
sangue dipendono dall’equilibrio tra la quantità di
zucchero introdotta con la dieta o derivante dalle
riserve corporee, e la quantità che viene utilizzata dai
vari tessuti (muscoli, cervello, eccetera). Questo
equilibrio è regolato da due ormoni: l’insulina e il
glucagone. La prima viene rilasciata subito dopo un
pasto e consente di mantenere la glicemia entro valori
normali, favorendo l’assunzione e l’immagazzinamento del
glucosio nelle cellule. Il secondo, invece, agisce tra
un pasto e l’altro favorendo il rilascio di glucosio dal
fegato quando i livelli nel sangue sono bassi.
Un’alterazione di questo sistema di regolazione può
provocare condizioni di ipoglicemia (bassi livelli di
glucosio nel sangue) o di iperglicemia (alti livelli di
glucosio nel sangue), che possono essere anche fatali.
Per esempio, nel diabete, uno stato di iperglicemia
cronica può portare a un danno progressivo di organi
come reni, occhi, nervi, cuore e vasi. L’ipoglicemia,
invece, ha effetti gravi soprattutto sul sistema
nervoso.
Quando e perché il test è indicato
L’esame serve a determinare se il glucosio nel sangue è
nella norma o se sono presenti condizioni anomale di
iperglicemia o ipoglicemia. Può essere dunque utilizzato
per fare una diagnosi di diabete. A questo scopo esso è
indicato per le seguenti categorie: 1. individui apparentemente sani, come parte degli esami
del sangue di routine; 2. persone a rischio di diabete: con una storia
familiare di diabete, in sovrappeso, di età superiore ai
40-45 anni; 3. individui con sintomi di iperglicemia (aumentata
sete, aumentata produzione di urine, fatica, visione
sfuocata); 4. individui con sintomi di ipoglicemia: (sudorazione
eccessiva, ansia, confusione, tremori, fame); 5. malati di diabete che devono tenere sotto controllo i
livelli di glucosio anche diverse volte durante la
giornata.
Come si fa il test Si utilizza un campione di sangue prelevato dalla vena
di un braccio. Per un controllo personale della
glicemia, pratica quotidiana nei malati di diabete, è
sufficiente raccogliere poche gocce di sangue pungendo
la pelle con un piccolo ago. L’esame viene eseguito a
digiuno, ad almeno 8-10 ore dall’ultimo pasto
I valori normali di glicemia a digiuno
Adulti |
Neonati |
65-110 mg/dl |
29-90 mg/dl |
Glicemia a digiuno e
rischio di diabete
Valori di glucosio a digiuno |
Rischio diabete |
70-99 mg/dl |
nella norma |
100-125 mg/dl |
a rischio diabete (pre-diabete) |
> 126 mg/dl (in più di un esame) |
diabete |
Come interpretare i risultati dell’esame
Elevati livelli di glucosio nel sangue sono di solito
dovuti al diabete, ma possono essere causati anche da
altre condizioni, quali: avvelenamento da monossido di
carbonio (CO), obesità, tumori cerebrali, ictus
cerebrale, infarto cardiaco, insufficienza renale
cronica, ipertiroidismo, neoplasia del pancreas,
pancreatite, sindrome di Cushing, stress, acromegalia,
uso di alcuni farmaci (pillola anticoncezionale,
diuretici e alcuni antidepressivi). Valori inferiori a
quelli ritenuti normali possono essere determinati da:
eccessiva assunzione di alcol, cirrosi epatica, malattie
epatiche croniche, digiuno o malnutrizione,
ipotiroidismo, tumori del pancreas, tumori dell’ipofisi,
sarcomi, uso di alcuni farmaci (betabloccanti, steroidi
anabolizzanti), eccesso di insulina.
Informazioni aggiuntive Oltre che a digiuno, la misurazione del glucosio può
essere effettuata anche vicino ai pasti. Per esempio, il
cosiddetto test da carico di glucosio consiste in una
serie di misurazioni del glucosio effettuate a tempi
diversi dall’assunzione di una quantità standard di
glucosio. Questo esame è usato per seguire i livelli di
glucosio nel tempo ed è indicato, così come il test del
glucosio a digiuno, per la diagnosi del diabete. In
entrambi i casi per confermare la diagnosi occorre
ripetere il test almeno due volte. La tabella seguente mostra l’associazione tra valori di
glicemia (a due ore dall’assunzione di 75 mg di
glucosio) e rischio di ammalarsi di diabete:
Glicemia (a due ore
dall’assunzione di 75 mg di glucosio)
e rischio di
diabete:
valori di glucosio a 2 ore dall’assunzione di 75
g di glucosio |
Rischio diabete |
140 mg/dl |
nella norma |
140-200 mg/dl |
a rischio diabete (pre-diabete) |
> 200 mg/dl (in più di un esame) |
diabete |
Esiste anche il test del glucosio urinario, che misura la
concentrazione di glucosio nelle urine e che rientra
nelle analisi delle urine eseguite di routine. In genere
ciò che causa aumenti della glicemia produce anche un
incremento del glucosio nelle urine.
Proteina C reattiva (CRP)
Che cosa si misura
Il test misura la concentrazione della proteina C
reattiva (CRP) nel sangue. La CRP è una sostanza
prodotta dal fegato e poi rilasciata nel circolo
sanguigno. In condizioni normali i suoi livelli nel
sangue sono bassi, ma in presenza di un’infezione o di
uno stato infiammatorio possono aumentare anche di
migliaia di volte nel giro di poche ore. In questi casi,
la crescita della CRP è molto rapida e precede il
manifestarsi di sintomi classici dell’infiammazione,
come la febbre o il dolore. Il ritorno di CRP a valori
normali è altrettanto rapido: non appena l’infiammazione
scompare anche la proteina cala.
Quando e perché il test è indicato
Il test della CRP viene utilizzato per accertare la
presenza di uno stato infiammatorio, ma non è specifico
per la diagnosi di nessuna malattia. In genere il medico
ricorre alla misurazione della CRP nel sangue quando
sospetta una malattia infiammatoria, come alcuni tipi di
artrite (artrite reumatoide), malattie autoimmunitarie
(lupus eritromatosus), disturbi infiammatori
dell’intestino (morbo di Chron). Essendo CRP un
marcatore generale di infiammazione, un eventuale
aumento della sua concentrazione deve allertare il
medico che provvederà a prescrivere esami più
approfonditi per poter effettuare una diagnosi di
malattia. Il test della CRP viene usato anche per
determinare l’efficacia di una terapia antinfiammatoria,
oppure per valutare l’insorgenza di infezioni batteriche
o virali nelle persone a rischio (per esempio nei
pazienti che hanno appena subito un intervento
chirurgico).
Come si fa il test Per effettuare il test è sufficiente prelevare un
campione di sangue dalla vena di un braccio. In
laboratorio viene poi eseguito il dosaggio, cioè la
misurazione della concentrazione della proteina nel
campione di sangue prelevato.
Valori normali
Nelle persone sane il valore medio della CRP è compreso
tra 0,5 mg/L e 10 mg/L, con una variabilità che dipende
dall’età e dal sesso del paziente.
Come interpretare i risultati dell’esame
Per la maggior parte dei casi di infezione e
infiammazione si registrano incrementi della CRP,
misurabili attraverso il test, che vanno da 10 mg/L a
1000 mg/L.
Informazioni aggiuntive
- Esiste anche un altro esame che misura la CRP: esso è
definito test per la CRP ad alta sensibilità. A
differenza dell’esame a bassa sensibilità (vedi sopra),
che può misurare solo valori di CRP superiori a 10 mg/L,
questo test è in grado di rilevare variazioni di piccole
quantità della proteina, misurando concentrazioni
comprese tra 0,5 e 10 mg/L. Il test ad alta sensibilità
è stato indicato per valutare il rischio cardiovascolare
in persone sane, visto che diversi studi hanno
evidenziato un’associazione tra aumento della CRP e
malattia cardiovascolare. A oggi, però, non c’è un
consenso generale degli addetti ai lavori su quando
effettuare questo test e su come interpretarlo. Infatti,
un aumento dei livelli di CRP riflette la presenza di
infiammazione, ma non indica necessariamente che
l’infiammazione abbia luogo nelle pareti delle arterie,
a livello delle placche aterosclerotiche, e che sia
quindi collegata a un rischio cardiovascolare. In ogni
caso, nonostante la questione sia ancora controversa, il
test può essere prescritto insieme ad altri esami che
valutano il rischio cardiovascolare, come la misurazione
del colesterolo buono (HDL) rispetto a quello totale e
la determinazione dei trigliceridi. Inoltre sono state definite tre classi di rischio
cardiovascolare, che corrispondono ad altrettante
concentrazioni della CRP
Proteina C- Reattiva:
valori normali
Rischio
cardiovascolare |
Concentrazione
CRP |
basso |
meno di 1 mg/L |
moderato |
1-3 mg/L |
elevato |
|
Un altro esame usato per valutare uno stato infiammatorio è
il test della velocità di sedimentazione dei globuli
rossi (ESR).
A differenza della CRP, però, la velocità
di sedimentazione dei globuli rossi varia più
lentamente; perciò, la proteina C reattiva è un
marcatore di infiammazione più precoce, e quindi
preferibile, rispetto a ESR.
Colesterolo
Che cosa si misura L’esame misura la concentrazione di colesterolo nel
sangue: con tre misurazioni diverse si ottengono i
livelli di colesterolo totale, HDL (o colesterolo buono)
e LDL (o colesterolo cattivo). Il colesterolo è un tipo
di grasso in parte prodotto dall’organismo e in parte
introdotto con la dieta. Esso è essenziale per la vita
perché forma le membrane delle cellule, è usato per
sintetizzare alcuni ormoni indispensabili per la
crescita, lo sviluppo e la riproduzione, e forma gli
acidi biliari che partecipano all’assorbimento
intestinale dei grassi. Una piccola parte di colesterolo
è presente nel sangue dove è legato a speciali proteine
chiamate lipoproteine. Alcune di esse, le HDL (lipoproteine
ad alta densità), trasportano il colesterolo in eccesso
dai tessuti al fegato, dove viene eliminato; altre, le
LDL (lipoproteine a bassa densità), lo trasportano
invece in periferia, favorendo il suo deposito nei
tessuti.
Quando e perché il test è indicato
A differenza di altri esami, questo test non viene usato
per diagnosticare o seguire la progressione di una
malattia, ma per valutare il rischio di sviluppare una
malattia, nello specifico la malattia cardiaca (malattia
coronarica, infarto cardiaco). Visto che livelli elevati
di colesterolo LDL si associano a indurimento delle
arterie, malattie cardiovascolari e rischio di morte per
attacco cardiaco, il suo controllo fa parte di una
pratica preventiva di routine. Negli adulti al di sopra
dei 20 anni la misurazione del colesterolo dovrebbe
essere effettuata almeno una volta ogni cinque anni; la
frequenza dei controlli aumenta (anche diverse volte
l’anno), nei pazienti che seguono una dieta specifica o
che assumono farmaci per abbassare il colesterolo: in
questi casi il test serve a determinare l’efficacia
della terapia o del cambiamento dello stile di vita.
Come si fa il test Per determinare la colesterolemia, cioè la
concentrazione di colesterolo nel sangue, è sufficiente
un prelievo di sangue dalla vena di un braccio. Il test,
però, può essere anche effettuato su campioni di sangue
prelevati pungendo con un ago la punta di un dito. Non è
necessario digiunare prima dell’esame, perché un singolo
pasto non altera i livelli di colesterolo nel sangue.
Esso varia in seguito a cambiamenti delle abitudini
alimentari, per esempio con il passaggio da una dieta
ricca di grassi a una dieta povera di grassi, ma sono
necessarie diverse settimane. Il test per le LDL
richiede invece un digiuno di 12 ore, visto che LDL è
calcolato in modo indiretto a partire dai risultati di
altri esami che richiedono il digiuno.
Quali sono i valori normali e quelli anomali
I diversi valori di colesterolo sono associati a un rischio più o
meno elevato di sviluppare una malattia cardiovascolare;
in generale, valori elevati di colesterolo totale e LDL
sono associati a un alto rischio cardiovascolare, mentre
il colesterolo HDL è inversamente proporzionale al
rischio: quanto maggiore è HDL, tanto minore è il
rischio. Nella tabella che si può aprire cliccando sul
link qui sotto sono riportati tre valori indicativi di
colesterolo. Tuttavia va precisato che una vera
concentrazione di colesterolo deisderabile valida per
tutti non esiste. Essa infatti varia a seconda della
presenza di altri fattori di rischio. Per questo una
donna, per esempio, senza familiarità per malattie
cardiovascolari e non in sovrappeso, avrà un valore di
colesterolo desiderabile molto più alto da quello di un
uomo diabetico, obeso e fumatore. Quest'ultimo, infatti,
a causa dei numerosi fattori di rischio già presenti,
dovrà essere molto più «evero» nel ridurre il proprio
colesterolo.
I valori del colesterolo e il rischio cardiovascolare
Colesterolo e rischio
cardiovascolare
Valore
(rischio
cardiovascolare) |
Colesterolo
totale |
Colesterolo
cattivo
(LDL) |
Colesterolo buono
(HDL)
> 60 mg/dl |
Desiderabile (rischio basso) |
< 200 mg/dl |
< 130 mg/dl |
> 60 mg/dl |
Limite (rischio moderato) |
200-240 mg/dl |
130-160 mg/dl |
40-60 mg/dl |
Elevato (rischio elevato) |
> 240 mg/dl |
> 160 mg/dl |
< 40 mg/dl |
Come interpretare i risultati dell’esame
Il colesterolo può aumentare sia per una predisposizione
ereditaria, sia per una dieta ricca di cibi ad alto
contenuto di grassi (come uova e latticini). Un aumento
del colesterolo totale può essere spia delle seguenti
malattie: alcune malattie ereditarie (ipercolesterolemia
poligenica e iperlipemia familiare multipla),
ipotiroidismo, malattie dei reni (sindrome nefrosica,
glomerulonefriti), disglobulinemia, ittero colestatico e
ostruzioni biliari, pancreatite cronica, malattia di
Cushing, diabete, obesità, porfiria acuta intermittente.
Anche alcuni farmaci possono innalzare i livelli di
colesterolo, per esempio: steroidi anabolizzanti,
corticosteroidi (cortisone), beta bloccanti, adrenalina,
pillola anticoncezionale, vitamina D. Una riduzione del
colesterolo può invece indicare: deficit di alfa
lipoproteina, ipertiroidismo, insufficienza epatica,
alcuni tipi di anemia, malnutrizione, uremia, morbo di
Addison. Riduzioni temporanee del colesterolo possono
verificarsi durante una malattia acuta, dopo un attacco
cardiaco o in condizioni di stress (per esempio dopo un
intervento chirurgico o un incidente). Ci sono
controversie sugli effetti dei bassi livelli di
colesterolo. Valori inferiori a 100 mg/dl sono di solito
associati a malnutrizione, malattie epatiche e alcuni
tipi di tumore, ma non esiste alcuna evidenza che uno di
questi disturbi sia causato dal colesterolo basso. Per
quanto riguarda il colesterolo HDL, quello buono, esso
diminuisce nei seguenti casi: diabete, alcune malattie a
carico di reni e fegato, malattie infettive e
iperlipoproteinemia di tipo IV. La sua diminuzione è un
fattore di rischio per l’aterosclerosi e quindi per
l’insorgenza di infarto cardiaco e malattie a carico dei
vasi sanguigni. Un suo aumento, invece, può essere
dovuto ad alcune malattie del fegato (cirrosi biliare
primitiva, epatite cronica).
Informazioni aggiuntive -
Oltre ai livelli elevati di colesterolo totale e LDL e
ai bassi livelli di HDL, esistono altri fattori di
rischio cardiovascolare. I principali sono: fumo, età (>
45 anni per i maschi, 55 anni per le femmine),
ipertensione (> 140/90 mmHg), una storia familiare di
malattie coronariche.
- I trattamenti consigliati in caso di colesterolo elevato
sono: una dieta povera di grassi saturi (che può ridurre
i livelli di colesterolo fino all’8 per cento) e
l’assunzione di farmaci (statine, fibrati, niacina).
- Talvolta si possono riscontrare da un mese all’altro
fluttuazioni dei livelli di colesterolo (fino al 10 per
cento), anche in assenza di una terapia o di un
cambiamento della dieta. Esse dipendono da una
variabilità biologica intrinseca del metabolismo.
Trigliceridi
Che cosa si misura Questo esame misura la concentrazione dei trigliceridi
nel sangue. I trigliceridi sono la forma di
immagazzinamento dei grassi nell’organismo e sono
utilizzati come scorta di energia. Essi derivano
soprattutto dalla dieta e in piccola parte sono prodotti
dall’organismo (fegato); una volta introdotti o
sintetizzati, i trigliceridi vengono accumulati nel
tessuto adiposo (tessuto grasso), oppure sono usati dal
muscolo come fonte di energia. Una quota di trigliceridi
è presente anche nel sangue, sottoforma di palline di
grasso e proteine, chiamate chilomicroni e VLDL.
Quando e perché il test è indicato
La determinazione dei trigliceridi nel sangue rientra
nel cosiddetto profilo lipidico, un insieme di esami che
comprende anche la misurazione del colesterolo totale,
HDL (colesterolo buono) e LDL (colesterolo cattivo) e
che serve a determinare il rischio cardiovascolare
Come si fa il test E’ necessario un semplice prelievo di sangue dalla vena
di un braccio. Talvolta il campione può essere ottenuto
pungendo con un ago la punta di un dito. L’esame dev’essere
preceduto da 12-14 ore di digiuno, perché dopo i pasti
la concentrazione dei trigliceridi nel sangue tende ad
aumentare (anche di 5-10 volte rispetto al digiuno).
Inoltre non si dovrebbe consumare alcol nelle 24 ore che
precedono l’esame.
Quali sono i valori normali e quelli anomali
A digiuno i valori normali dei trigliceridi nel sangue sono:
50-170 mg/dl.
Come interpretare i risultati dell’esame
I trigliceridi possono aumentare sia per predisposizione
ereditaria sia per diete ricche di grassi. L’aumento dei
trigliceridi nel sangue rappresenta un importante
fattore di rischio per le malattie cardiache e il
diabete. Oltre agli eccessi della dieta, un aumento dei
trigliceridi può indicare le seguenti condizioni:
un’eccessiva assunzione di alcol, alcune malattie
ereditarie, come il deficit familiare di lipasi
lipoproteica (valori superiori a 700 mg/dl) e l’ipertrigliceridemia
endogena familiare (valori anche superiori a 1000
mg/dl), il diabete, l’obesità. Alcuni farmaci aumentano
i livelli di trigliceridi nel sangue: corticosteroidi
(cortisone), pillola anticoncezionale, estrogeni, alcuni
diuretici (furosemide), alcuni agenti antifungini (miconazolo),
eccetera. Quando i valori sono molto alti (superiori a
1000 mg/dl), c’è il rischio di sviluppare una
pancreatite, cioè un’infiammazione del pancreas. In
questi casi il medico dovrebbe prescrivere subito un
trattamento per ridurre i trigliceridi. Una diminuzione
dei trigliceridi si osserva invece nelle seguenti
condizioni: insufficienza epatica, malassorbimento
intestinale, malnutrizione, ipertiroidismo,
iperparatiroidismo, malattie epatiche gravi. Alcuni
farmaci fanno diminuire i trigliceridi nel sangue:
clofibrati, eparina, androgeni, steroidi anabolizzanti,
vitamina C, eccetera.
Informazioni aggiuntive Mentre
l'aumento del colesterolo circolante è sicuramente
associato a un aumento del rischio di arteriosclerosi
(l'indurimento delle arterie che può ostacolare il
flusso del sangue) e quindi di malattie cardiovascolari,
l'aumento dei trigliceridi nel sangue non ha un
significato così chiaro. Probabilmente è anch'esso
legato all'aumento del rischio cardiovascolare, ma non
direttamente: le varie forme di grasso dell'organismo
(colesterolo e trigliceridi), infatti, sono collegate
fra loro e le alterazioni di una modificano l'equilibrio
delle altre. L'aumento dei trigliceridi è invece
sicuramente legato in modo diretto ad alcune condizioni
patologiche del pancreas.
Calcemia o calcio sierico
E' l'esame «del sangue»
per eccellenza. Misura globuli rossi, globuli bianchi,
piastrine e diversi parametri
Che cosa si misura
Il test misura la calcemia, cioè la concentrazione di
calcio nel sangue. Il calcio è uno dei più importanti
minerali dell’organismo e si trova per il 99 per cento
nelle ossa. Quasi tutto il calcio rimanente circola nel
sangue, dove può essere presente in forma libera o
legato a speciali proteine, dette proteine plasmatiche.
Quando il medico prescrive il test della calcemia, in
genere richiede la misurazione del calcio totale, cioè
sia la forma libera sia quella legata. In alcune
situazioni, per esempio durante gli interventi
chirurgici, soprattutto quando vengono effettuate
trasfusioni di sangue, può essere richiesta anche la
misurazione del calcio libero.
Quando
e perché il test è indicato La misurazione della calcemia è indicata come parte
degli esami di routine, per accertarsi che i valori del
calcio siano nella norma. L’esame viene usato anche per
favorire la diagnosi e seguire l’andamento di malattie
delle ossa, dei denti, dei reni e dei nervi. Quindi il
medico lo prescrive in presenza di sintomi che
indichino: - malattie renali, come l’insufficienza o i
calcoli renali; - ipercalcemia (aumento della calcemia):
debolezza, fatica, perdita d’appetito, nausea,
stitichezza, dolori addominali, orinazione frequente,
aumentata sete, calcoli renali; - ipocalcemia
(diminuzione della calcemia): crampi addominali e
muscolari, formicolii alle dita; - condizioni associate
a variazioni della calcemia come: malnutrizione,
malattie della tiroide e dell’intestino, alcuni tumori
(seno, polmone, testa e collo, reni, mieloma multiplo).
Come
si fa il test Per effettuare il test è sufficiente prelevare un
campione di sangue dalla vena di un braccio.
Quali sono i valori normali
e come interpretare i valori
anomali
Calcemia
Valori normali |
Se aumenta (ipercalcemia) |
Se diminuisce (ipocalcemia |
bambini: 9-11 mg/dl adulti: 9-10,7 mg/dl |
infezioni, infiammazione,iperparatiroidismo
(aumento della funzione delle ghiandole
paratiroidi, dovuta di solito a tumori benigni),
tumori con metastasi alle ossa, ipertiroidismo
(aumento della funzionalità della tiroide),
fratture ossee combinate a immobilizzazione
prolungata, eccessiva assunzione di vitamina D,
trapianto di reni, tubercolosi, sarcoidosi,
mieloma, assunzione di alcuni diuretici (tiazidici).
leucemie, traumi, stress |
ipoparatiroidismo (inattività delle ghiandole
paratiroidi), ridotta assunzione di calcio con
la dieta per malnutrizione o malassorbimento,
ridotti livelli di vitamina D, rachitismo e
altre malattie delle ossa, eccesso di fosforo,
carenza di magnesio, infiammazione acuta del
pancreas, insufficienza renale cronica,
alcolismo, assunzione di farmaci
anticonvulsivanti (barbiturici, idantoinici). |
In genere livelli di calcitonina molto alti (> 500 pg/ml)
sono un buon indicatore di iperplasia benigna o di
carcinoma midollare della tiroide; per confermare la
diagnosi, però, sono necessari altri esami, come la
biopsia tiroidea, l’ecografia o la Tac.
Informazioni aggiuntive - E’ possibile effettuare una misurazione del calcio
anche nelle urine. Questo esame indica quanto calcio
viene eliminato dai reni e viene prescritto quando la
calcemia è anomala oppure in caso di sospetti calcoli
renali. - Per avere un quadro più completo, il medico può
confrontare i risultati del test della calcemia con
quelli di altri esami del sangue: il paratormone e la
vitamina D, sostanze coinvolte nel mantenimento
dell’equilibrio del calcio, l’albumina, la principale
proteina plasmatica che lega il calcio, il fosforo e il
magnesio.
Paratormone
Che cosa si misura Il test misura la concentrazione di paratormone (PTH)
nel sangue. Il PTH è un ormone, cioè una proteina, ed è
prodotto dalle paratiroidi, piccole ghiandole
posizionate vicino alla tiroide. Il PTH regola
l’equilibrio del calcio all’interno dell’organismo.
Quando i livelli di calcio nel sangue sono bassi, le
paratiroidi rilasciano il PTH, che determina aumenti
della calcemia agendo in tre modi diversi: aumentando il
rilascio di calcio dalle ossa, favorendone
l’assorbimento intestinale (attraverso la vitamina D) e
diminuendone l’eliminazione attraverso le urine. Quando
il calcio torna ai livelli normali, il PTH diminuisce.
Quando e perché il test è indicato
L’esame serve a determinare se il PTH risponde in modo
adeguato alle variazioni di calcio nel sangue. Il medico
lo prescrive quando i valori del calcio nel sangue sono
più alti (ipercalcemia) o più bassi (ipocalcemia) della
norma, quando vuole valutare il funzionamento delle
ghiandole paratiroidi, oppure quando ci sia il sospetto
di una malattia renale. Inoltre, il PTH viene
controllato regolarmente nei pazienti con malattie che
alterano l’equilibrio del calcio o che sono in cura per
disturbi delle paratiroidi.
Come si fa il test E’ sufficiente il prelievo di un campione di sangue
dalla vena di un braccio. Per effettuare il test è
sufficiente prelevare un campione di sangue dalla vena
di un braccio. In laboratorio viene poi eseguito il
dosaggio, cioè la misurazione della concentrazione della
proteina nel campione di sangue prelevato.
Quali sono i valori normali I livelli di PTH variano molto durante la giornata,
raggiungendo un picco alle due di mattina. In genere il
prelievo si fa verso le otto del mattino. La
concentrazione media è pari a 1-5 pmol/L.
Come interpretare i risultati dell’esame
Bassi livelli di PTH possono essere dovuti a: condizioni
che causano ipercalcemia, ipoparatiroidismo, una
condizione caratterizzata da una ridotta produzione di
PTH. Aumenti di PTH possono dipendere da:
iperparatiroidismo primario, in genere causato da un
tumore benigno delle paratiroidi, iperparatiroidismo
secondario, dovuto per esempio a insufficienza renale,
assunzione di alcuni farmaci (rifampicina, fosfati,
anticonvulsivanti, steroidi, litio, isoniazide). Per
interpretare correttamente i risultati del test del PTH,
bisogna confrontarli con i valori di calcio. Se sia il
calcio che il PTH sono normali, significa che il sistema
di regolazione del calcio funziona bene. Se invece uno o
entrambi i parametri sono alterati, bisogna fare una
valutazione specifica della situazione, come mostrato
nella tabella seguente.
Paratormone (Pth)
|
calcio alto (ipercalcemia) |
calcio basso (ipocalcemia) |
PTH alto |
iperparatiroidismo primario: per determinarne
cause e gravità, il medico può prescrivere una
radiografia. |
il sistema non funziona. In base alla gravità
dell’ipocalcemia, il medico dovrà investigare
prescrivendo altri esami, come vitamina D,
fosforo e magnesio, e valutando la funzionalità
dei reni. |
PTH basso |
il sistema di regolazione della calcemia basato
sul PTH funziona bene, ma il medico dovrebbe
fare ulteriori indagini per scoprire le cause
dell’ipercalcemia. |
probabile ipoparatiroidismo |
Vitamina D (calcidiolo e
calcitriolo)
Che cosa si misura Il test misura la concentrazione di due forme della
vitamina D nel sangue, il calcidiolo e il calcitriolo.
La vitamina D regola l’equilibrio del calcio e del
fosforo, favorisce l’assorbimento intestinale del calcio
ed è un composto fondamentale per la formazione e la
crescita di denti e ossa. Essa può derivare dalla dieta
o essere sintetizzata nella pelle in seguito a
esposizione ai raggi solari. La vitamina D così prodotta
deve però subire altre due modificazioni prima di
diventare attiva: la prima avviene nel fegato, dove si
forma il calcidiolo, un composto intermedio ancora
inattivo; la seconda nei reni, dove il calcidiolo è
convertito in calcitriolo, la forma attiva. Con due
misurazioni diverse si possono determinare sia la
concentrazione del calcidiolo sia quella del calcitriolo.
Il calcidiolo rappresenta la principale scorta di
vitamina D dell’organismo e il test che lo misura serve
ad assicurare che il corpo ne abbia una riserva
adeguata. Il test del calcitriolo, invece, serve a
garantire che i reni convertano la giusta quantità di
calcidiolo nella forma attiva.
Quando e perché il test è indicato
Il test può essere utilizzato per aiutare la diagnosi di
malattie delle ossa (rachitismo e osteomalacia), delle
ghiandole paratiroidi o dell’intestino. Il medico lo
prescrive in presenza di: - deformazioni e fragilità
ossee, che sono sintomi di rachitismo nei bambini e
osteomalacia negli adulti; - valori anomali di calcio,
fosforo e/o paratormone, per vedere se questi siano
associabili a una carenza o a un eccesso di vitamina D;
- malattie che alterano l’assorbimento intestinale dei
grassi (morbo di Chron, fibrosi cistica), per
assicurarsi che i pazienti abbiano una quantità adeguata
di vitamina D; - malattie che provocano una produzione
extra renale di calcitriolo (sarcoidosi e alcuni
linfomi). Il test è usato anche per valutare l’efficacia
di una supplementazione della dieta con vitamina D,
calcio o fosforo.
Come si fa il test E’ sufficiente il prelievo di un campione di sangue
dalla vena di un braccio. Per effettuare il test è
sufficiente prelevare un campione di sangue dalla vena
di un braccio. In laboratorio viene poi eseguito il
dosaggio, cioè la misurazione della concentrazione di
una o di entrambe le forme di vitamina D (calcidiolo e
calcitriolo) nel campione di sangue prelevato.
I valori normali sono:
Vitamina D (calcidiolo
e calcitriolo)
calcidiolo
(forma
inattiva della vitamina D) |
calcitriolo
(forma attiva della vitamina D) |
14-42 ng/ml (in inverno)
15-80 ng/ml ( in estate) |
15-60 pg/ml |
Come
interpretare i risultati dell’esame
Vitamina D (calcidiolo
e calcitriolo)
se aumenta |
se diminuisce |
calcidiolo: eccessiva introduzione con la dieta (supplementi
di vitamina D), alti livelli di calcio nel
sangue (ipercalcemia), ispessimento delle ossa. |
calcidiolo: malattie delle ossa (rachitismo, osteomalacia), bassa
esposizione ai raggi solari, basso apporto di
vitamina D con la dieta, problemi di
assorbimento intestinale (morbo di Chron),
assunzione di farmaci antiepilettici (fenitoina)
che possono interferire con la produzione
epatica di calcidiolo. |
calcitriolo: eccesso di paratormone (molecola che favorisce
l’attivazione della vitamina D), malattie come
sarcoidosi o alcuni tipi di linfomi. |
calcitriolo:insufficienza renale. |
Informazioni aggiuntive Alti livelli di vitamina D e di calcio possono causare
calcificazioni e danni a vari organi, soprattutto i
reni, come risultato del tentativo del corpo di
abbassare il calcio depositandolo sottoforma di fosfati
di calcio.
Calcitonina plasmatica
Che cosa si misura Il test misura la concentrazione di calcitonina nel
sangue. La calcitonina è una proteina prodotta dalla
tiroide, la cui funzione non è ancora del tutto chiara.
Si sa però che i suoi livelli aumentano in risposta a un
incremento della calcemia e che agisce riducendo i
livelli di calcio nel sangue. In due malattie rare della
tiroide, l’iperplasia benigna delle cellule C (tumore
benigno) e il carcinoma midollare (tumore maligno), la
calcitonina viene prodotta in eccesso.
Quando e perché il test è indicato
L’esame può essere usato come test di supporto per la
diagnosi di due malattie rare della tiroide:
l’iperplasia benigna delle cellule C e il carcinoma
midollare. E’ utilizzato anche per seguire l’andamento
di queste due malattie, per valutare l’efficacia delle
terapie e per individuare l’eventuale ricomparsa del
tumore (recidiva) a trattamento concluso. Siccome il
20-25 per cento dei carcinomi midollari della tiroide è
ereditario, il test della calcitonina potrebbe essere
usato per seguire i soggetti a rischio, soprattutto
quelli con una storia familiare di questo tipo di tumore
o con una mutazione in un gene specifico (RET).
Come si fa il test Per effettuare il test è sufficiente prelevare un
campione di sangue dalla vena di un braccio. In
laboratorio viene poi eseguito il dosaggio, cioè la
misurazione della concentrazione della proteina nel
campione di sangue prelevato.
I valori normali della calcitonina
Uomo |
Donna |
meno di 19 pg/ml |
meno di 14 pg/ml |
Calcitonina: come
interpretare i risultati dell’esame
se aumenta |
se diminuisce |
carcinoma midollare della tiroide, recidiva di
carcinoma midollare, iperplasia benigna delle
cellule C, insufficienza renale cronica, alcuni
tumori (carcinoma polmonare, mammario e del
pancreas endocrino), infiammazione acuta o
cronica della tiroide (tiroidite), cirrosi,
gravidanza, alcolismo. |
carcinoma midollare della tiroide, recidiva di
carcinoma midollare, iperplasia benigna delle
cellule C, insufficienza renale cronica, alcuni
tumori (carcinoma polmonare, mammario e del
pancreas endocrino), infiammazione acuta o
cronica della tiroide (tiroidite), cirrosi,
gravidanza, alcolismo. |
In
genere livelli di calcitonina molto alti (> 500 pg/ml)
sono un buon indicatore di iperplasia benigna o di
carcinoma midollare della tiroide; per confermare la
diagnosi, però, sono necessari altri esami, come la
biopsia tiroidea, l’ecografia o la Tac.
Informazioni aggiuntive Oltre
al test classico, esiste un esame definito test di
provocazione della calcitonina: esso misura i livelli di
calcitonina dopo stimolazione con un’iniezione di una
quantità nota di calcio. Quando i valori di calcitonina
misurati con il test classico sono nella norma ma
persiste un sospetto clinico, il medico può prescrivere
questo secondo test: esso è più sensibile del primo e
può riconoscere un carcinoma midollare o un’iperplasia
benigna già nelle fasi precoci della malattia. - Di
solito, quando la calcitonina è elevata, gli altri test
che indagano la funzionalità della tiroide (TSH, T3, T4)
sono nella norma.
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