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Accesso al Colatoio
Negli annali si legge che quando i
frati traslarono i corpi dei loro confratelli seppelliti nella prima
fossa, per portarli nella nuova sepoltura, furono trovati interi
nonostante che furono inumati sovrapponendoli gli uni agli altri senza
cassa avvolti soltanto da un lenzuolo.
Frate Silvestro da Gubbio: il primo
frate sepolto qui
Ovviamente tale fatto
suscitò scalpore tra i frati i quali non seppero dare una spiegazione a
tale fenomeno; è interessante riportare ciò che si scrisse al tempo del
ritrovamento: "...nel 1599, si fece la traslazione dei corpi dalla
vecchia sepoltura alla nuova. All’apertura della fossa per
recuperare le ossa, non si sentì nessun odore
cattivo, si ritrovarono 45 corpi di frati tutti sani
ed interi a tal punto di essere riconosciuti, alcuni in
particolare avevano i capelli e la barba, a guardarli
sembravano che dormissero e non che erano morti da
tanto tempo. Tale fatto fu così travolgente che il
sagrestano dato che in quei giorni doveva venire il frate
provinciale in visita; ritenne opportuno staccare la testa
di uno di questi frati per porla in un vassoio per fargliela
vedere..."
Mummia del vice console degli Stati
Uniti Paterniti Giovanni:
imbalsamato l'1.05.1911
Dal 1601, dato il gran numero di cadaveri che vi
giungevano e soprattutto per le molte richieste di nobili che chiedevano
ed ottenevano di essere sepolti in quel luogo, spinsero i frati ad
ingrandire la sepoltura . I primi nobili ad avere il permesso di essere
accolti nel cimitero furono Don Carlo Firmatura con autorizzazione del 30
luglio 1634, e il 24 giugno 1636 Don Carlo Agliata, la moglie Giuseppina
e il loro figlio Don Bernardino, il 16 novembre 1636 ottenne il permesso
Don Scipione Cottone; fu questo l’inizio che portò l’apertura del cimitero
agli estranei .
Antonio Prestigiacomo:
imbalsamato col
metodo del bagno in arsenico
Non poche furono le ispezioni da parte delle autorità
competenti volte a salvaguardare la salute pubblica e in tutte le
relazioni si legge che ai Cappuccini il metodo adottato soprattutto per la
conservazione era il più valido e ciò diede ai Cappuccini il privilegio di
continuare a seppellire i cadaveri ciononostante il decreto regio del 1710
e successivi che ordinavano di seppellire i cadaveri ad un miglio di
distanza dall’ambito urbano e non più dentro le chiese.
In trecento anni, tra frati, preti, tra donne uomini
e bambini, tra poveri e ricchi, tra giusti e peccatori, queste mura
ospitarono innumerevoli cadaveri, molti ignoti, altrettanti importanti,
raccontarne la storia di ognuno è impossibile, di certo è che non tutti i
cadaveri, dopo che venivano purgati prosciugati e rivestiti, si
esponevano nelle nicchie ma solo quelli di una certa importanza.
E’
doveroso ricordare la visita avvenuta il 2 novembre del 1779 da parte del Pindemonte che rimase così colpito da immortalare il cimitero nel suo
carme imperituro " I Sepolcri"; e la città grata e riconoscente
all’illustre poeta, chiamò la strada che porta alla Chiesa e quindi al
cimitero Via Pindemonte.
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