"MASTRU RAIA"
CARRUZZERI E INTAGLIATORE DOC DEL
CORSO DEI MILLE
Att: questo articolo è stato scritto nel 2000
"Non si può fare un passo
nella città di Palermo senza incontrare dozzine di carretti
tirati da cavalli, da asini, da muli. La città ne conta la
bellezza di 4758 e quando si celebrano feste in campagna essi
sono una vera delizia dell'occhio" (G. Pitrè).
Oggi, i carretti
siciliani si ammirano nei musei e nelle manifestazioni
folcloristiche. Un tempo, a Palermo, la via che ospitava molte
botteghe artigiane di carretti era il Corso dei Mille. Intere
famiglie vivevano con questa attività: i Ferrara, i Lo Monaco, i
Cardinale, i Murdolo. Di tutte queste ne è rimasta una sola, al
civico 147 ed è la bottega di Giovanni Raia, un grande locale che
è anche officina di camion, il carretto del XX secolo.
Mastro Raia, nato a Palermo nel 1919, ha la
veneranda età di 81 anni, ma il suo aspetto è giovanile e
trasmette una carica di simpatia in chi l'ascolta "raccontare" il
suo mestiere, che è quello di "carruzzeri" (carrozziere) e
intagliatore del carretto siciliano. Ciò è per lui motivo di
orgoglio e di vanto se si considera che è l'ultimo carradore
rimasto e dopo di lui né i suoi figli né i suoi nipoti
continueranno il suo mestiere. L'amore per la Sicilia, la
passione e il desiderio di far rivivere il passato si leggono nel
suo lavoro.
Siamo andati a intervistarlo, l'abbiamo trovato
intento al suo lavoro, le sue mani ancora agili ed esperte si
muovono sicure sul legno, mentre smussa gli angoli vivi e li
arricchisce di figure, scolpisce le facce interne ed esterne
delle aste, trasformando i terminali dei "barruni" (i pioli delle
fiancate) in teste di donne o pupi; scolpisce la chiave e il
pizzo al centro del casciafusu che è l'asse portante del
carretto.
Un carretto sta dinanzi la sua bottega ed egli lo
descrive in tutte le sue parti, con ricchezza di particolari. È
un'esplosione di colori: scene della "cavalleria rusticana"
(opera lirica) ricoprono la parte interna delle sponde.
Sulla
cassa spicca l'immagine di S. Rosalia, patrona di Palermo e
all'esterno delle sponde sono dipinte scene tratte dalla bibbia e
da episodi cavallereschi. Ogni spazio è dipinto con i colori più
vivi e smaglianti. Sotto la cassa vi è la chiave che regge le
stanghe del carretto, sulla controchiave sono scolpite e dipinte
rappresentazioni cavalleresche.
Mastro Raia ci parla anche del
segreto delle "cùsciuli", dentro le quali gira il fuso del
carretto e questo segreto è il suono che si produce nell'attrito
tra il fuso e le cùsciuli. I carrettieri vogliono che il rumore
delle ruote non sia stridente, perciò pagano di più affinché i
materiali metallici delle cùsciuli siano a "lega di campana"
cosicché le loro cantilene siano più dolci ed armoniose.
Giovanni Raia ha esercitato il suo mestiere fino all'entrata degli
Americani in Sicilia fino a quando, dice, c'era molta richiesta
di carretti perché servivano per lavorare, poi si è impiegato ai
cantieri navali per vivere. Ora, una volta in pensione ha ripreso
l'attività che continuerà fino a che "si sente di lavorare".
Una
fase particolare della costruzione del carretto è "a firriatura
da rota", l'applicazione cioè del cerehione di ferro nella ruota.
Per questa operazione, che avviene fuori dalla bottega, Mastru
Raia si reca a Sant'Erasmo: il cerchione viene fatto riscaldare
nel fuoco e poi buttato a mare per due motivi, per farlo
raffreddare e perché l'acqua salata fa da incrostazione tra il
legno e il ferro. È un momento, dice, di grande tensione, i
movimenti devono essere sincronizzati e veloci. Gli elementi
naturali: ferro e legno, acqua e fuoco vengono così dominati con
grande "maestria" dall'artigiano.
La costruzione di un carretto dura in media tre
mesi. Il costo di produzione è abbastanza alto se si pensa ai
diversi tipi di legno utilizzati, perfettamente stagionati, alla
quantità di forza-lavoro e alle varie fasi della tecnica di
costruzione. Mastro Raia, maestro e artigiano, nella sua opera
esprime lo spirito creativo di tutto un popolo, regalandoci la
ricchezza spirituale del passato. Per lui, al primo posto è il
carretto con i suoi colori e le bellissime decorazioni: un
singolare ricamo di legno e di ferro.
Il contatto diretto tra gli alunni e
l'artigiano Raia da il chiaro concetto di ciò che è stato e di
quanto rimane, di qualcosa cioè che non deve morire.
Il carretto è da sempre il simbolo della
Sicilia e della sua tradizione.
Nelle sponde, nelle ruote, nella
cassa vi sono i colori del sole siciliano, dello zolfo, delle
arance e dei limoni, del cielo e del mare, della lava dell'Etna e
dei ficodindia. Esso rappresenta una sintesi delle civiltà
mediterranee che furono presenti nell'isola: i colori arabi, gli
arabeschi turco-bizantini, i costumi dei Greci, le cianciane
spagnole. Nelle case degli emigranti, che il destino ha spinto
lontano dalla loro terra, non manca mai il suo modellino in
scala.
Il carretto siciliano è il simbolo della creatività
dell'artigiano, che pur rimanendo anonimo, esprime lo spirito
creativo di tutto un popolo. Alla sua realizzazione partecipano
carrozzieri, carradori, intagliatori, fonditori, fabbri,
pittori,, decoratori e pellettieri. Giuseppe Cocchiara, studioso
di folklore siciliano (1904-1965) ha definito il carretto siciliano l'opera più caratteristica che l'artigiano abbia
prodotto in Sicilia" non solo perché costituisce l'oggetto tipico
della Sicilia, come la gondola lo è per Venezia, il colosseo per
Roma, il duomo per Milano, ma perché alla sua costruzione
concorrono armonicamente otto gruppi di artigiani.
Biagio Pace
(1889-1955), studioso e conoscitore dell'anima siciliana,
parlando della bellezza e dell'utilità del carretto siciliano ha
scritto: "Il carretto ha rappresentato nella Sicilia moderna
un elemento caratteristico di bellezza ed un mezzo fondamentale di trasporto,
che ha avuto la sua grande diffusione