Fa da pannello la vetusta chiesa
parrocchiale, unica fino a tempo addietro nel quartiere, il resistente
prospetto contenente una scultura in marmo dell’Immacolata del 1624,
introduce in un’aula tripartita, la chiesa originale del XIII secolo, di
essa si conserva soltanto un affresco in una delle navate laterali di
quel periodo, in una cappella sono conservate le statue cinquecentesche
dei SS. Cosma e Damiano provenienti dall’omonima chiesa sita alla
fine della strada.
Ragguardevoli sono una croce dipinta del XVI secolo che pende dalla
volta iniziale dell’abside e i pregevoli arredi lignei dell’archivio
parrocchiale è la bella tela settecentesca di Filippo Randazzo che
rappresenta il martirio di Sant' Ippolito a cui è dedicata la chiesa.
Luogo abituale di ritrovo sono le taverne
dove oltre a bere si fa da mangiare, spesso associato da una serie di
giochi tipici attorno al tavolo, il più popolare è “u Tuoccu”,
distribuite fra le vie del mercato, oggi alcune di esse si sono
trasformate in dinamiche trattorie, è il caso di citare quella in Piazza
Porta Carini: Trattoria “supra i mura” adiacente alle vecchie mura che
costeggiavano il quartiere ancora esistenti, che propone cucina locale e
frequentato dagli abitanti della zona e dai venditori del mercato in
quanto è aperto solo a mezzogiorno.
La fiaschetteria “ Fiasconaro” a sempre
venduto vino imbottigliato e bevande alcoliche, marsala e zibibbo
invecchiate nelle botti si smerciano alla “domanda”.
La vecchia Focacceria “Butera” si è dovuta adeguare ai tempi, oltre a
preparare il tradizionale
pane “cà meusa”
si approntano panini espressi.
La strada mercato è da considerarsi una
delle più antiche esistenti in città, essa dalla contrada “Guilla”
tagliava il quartiere con un lungo asse che conduceva all’esterno della
città murata, verso settentrione e lo fa ancora oggi lasciando fuori la
circolazione veicolare per permettere ai pedoni di assaporare e
arruffarsi tra straordinarie fragranze di ogni sorta di alimenti e dalle
spezie che qui vengono venduti all’aperto sulle bancarelle: cumino, passolina e pinoli, peperoncino in polvere, finocchio in grani,
zafferano in polvere (giallo per alimenti) e aromi vari, anche i sapori
non sono cambiati: il pane appena caldo, magari farcito di
panelle
o “fieddi” (melanzane), crocchè e rascaturi, sfincione o assaggiare i loro biscotti che i panettieri elaborano o
degustare i dolci e la rosticceria della longeva gelateria-pasticceria
Longo: iris, cartocci, spitini, arancine, ravazzate, torrone, sfoglio,
taralli, gelati, tutto “ben di Dìu” che i palermitani “licchi” amano.
E se non bastasse proprio accanto alla
dolceria, staziona da sempre quello dello ”scaccio”, calie e simienza,
fave “caliate”, noci e castagne, fichi secchi e datteri, il tutto per
denti buoni, “u passatiempu ri palermitani”.
“Fillata” vendevano gli attempati salumieri con la loro merce esposta
che tagliavano a mano o con una più moderna affettatrice, facevano da
contorno i caci: caciovallo, pecorino, cannestrato esposti in tutta la
loro forma, oggi poco è cambiato.
Durante la contrattazione e facile ad
essere chiamati ad assaggiare la frutta o altro, vi faranno costatare di
persona sulla qualità della merce e tutto questo con garbo e gentilezza,
accogliendovi con un sorriso che scaturisce dal buonumore che nasce dal
rapporto umano che questi luoghi ogni giorno sprigionano.
Il mercato a ritrovato le vetuste
concorrenze, extracomunitari si sono integrati e si spartiscono la
piazza con i locali vendendo riso basmat e altri prodotti, alcune donne
tamil comprano l’uva da un fruttivendolo, il pizzicagnolo fa assaggiare
“a murtatella” ad una tunisina.
Ogni giorno questo antico mercato che
rappresenta il vecchio legame tra esso e la città, nasce e ritrova linfa
attraverso il suo ciclo vitale.