Le esigenze emozionali del paziente
oncologico
Altri articoli
dell'argomento:
Anna Costantini
Presidente Società
Italiana di Psico-Oncologia, Direttore Unità
Operativa Psiconcologia,
Ospedale Sant'Andrea, Facoltà di Medicina e
Psicologia, Sapienza Università di Roma
Le esigenze emozionali del paziente
oncologico: una buona comunicazione per una
terapia a misura di persona.
Nelle storie cinematografiche sulla
malattia oncologica le narrazioni sono
straordinariamente sovrapponibili al vissuto
dei pazienti nella vita reale. Può spiegarci
in che cosa consiste il progetto ONCOMovies®
?
ONCOMovies® nasce con l’obiettivo di
sensibilizzare l’oncologo rispetto alle
problematiche del paziente in corso di
chemioterapia, aprendo una “finestra
virtuale” sulla sua vita, così da coglierne
tutti gli aspetti che la “persona malata”
affronta durante il suo percorso di cura.
Più di 80 film, negli ultimi 60 anni, hanno
utilizzato la forza catalizzatrice delle
emozioni proprie della malattia oncologica,
per parlare al grande pubblico. Partendo da
questo concetto, il progetto ONCOMovies® ha
cercato di mostrare all’oncologo, con la
forza delle immagini cinematografiche, il
reale vissuto del paziente in chemioterapia.
Analogamente, ONCOMovies® si rivolge al
paziente con l’obiettivo di accrescere la
sua consapevolezza rispetto a quelle
problematiche comuni a molte persone in
corso di chemioterapia e che troppo spesso
vengono sottaciute, incoraggiandolo a
parlarne apertamente con il proprio medico.
Il progetto ONCOMovies® vuole quindi
facilitare l’apertura di un canale di
comunicazione a due vie, tra medico e
paziente, al fine di garantire, durante
tutto il percorso, la migliore qualità di
cura e di vita per il paziente.
Attraverso il sito oncovip.it, ONCOMovies®
offre all’oncologo la visione di 4 trailer,
commentati dal board scientifico su
altrettante tematiche specifiche:
‘Sessualità e Tumore’, ‘Nausea e Vomito’,
‘Buona e cattiva comunicazione’, ‘Il senso
della vita’.
Anche il paziente, attraverso il sito
nonausea.it, potrà guardare un trailer,
anch’esso commentato, che affronta le stesse
tematiche e testimoniare la propria
esperienza.
In che modo i cosiddetti effetti
collaterali incidono sulla Qualità della
Vita dei pazienti?
Gli effetti collaterali influenzano
pesantemente la Qualità di Vita, tanto che
gli strumenti per misurarla sono costituiti
prevalentemente da una serie di domande che
indagano proprio una lista di effetti
collaterali (fisici e psicologici). In casi
estremi i pazienti rifiutano i trattamenti o
scelgono terapie associate a una
sopravvivenza più breve proprio per paura di
tali effetti o perché non riescono a
sopportarli.
La medicina è attenta sempre di più alle
terapie di supporto, che in modo specifico
tentano di alleviare effetti sfavorevoli
delle cure e che oggi vengono inserite
sempre più precocemente nel percorso di
cura. Tutto questo ha importanti risvolti
per il consenso informato alle cure, poiché
sarà sempre più difficile non informare un
paziente rispetto ai possibili effetti
collaterali di una terapia e della scelta
tra cure diverse con profilo di effetti
collaterali differenti a parità di
efficacia. Tali considerazioni rendono
l’addestramento alle abilità comunicative
una componente essenziale della formazione
in medicina molto più che in passato. Come
per tutte le cure mediche, il rapporto
rischi benefici va soppesato caso per caso
ed esposto ai pazienti in modo appropriato e
chiaro.
Qual è l’approccio comunicativo sulla
malattia oncologica che prevale nella classe
medica?
La comunicazione che il medico dà al
paziente tiene conto sia di aspetti
oggettivi derivanti da analisi sistematiche
della letteratura, metanalisi, studi
randomizzati, etc., sia degli aspetti
soggettivi legati al vissuto del paziente
circa la malattia e gli effetti collaterali
dei trattamenti stessi (astenia, alopecia,
disturbi sessuali, nausea, vomito, etc.),
tenuto anche conto della sua fase di vita e
del suo contesto familiare. Negli attuali
indirizzi di comunicazione si tende sempre
più a dare attenzione al rispetto del codice
deontologico, e quindi a una informazione
piena, pur tuttavia cercando ancora di
proteggere il paziente da informazioni
troppo dettagliate per non spaventarlo.
Studi recenti suggeriscono come i pazienti
desiderino fortemente un’informazione che
permetta loro di prevedere i possibili
effetti collaterali dei trattamenti, in modo
da prevenirne la intensità, ove possibile, e
gestirli con le indicazioni ricevute dal
medico, anche e specialmente una volta fuori
dal contesto ospedaliero.
La comunicazione tra paziente e
oncologo è di fondamentale importanza
proprio in relazione ad aspetti di
percezione soggettiva: perchè il paziente
spesso ha timore di parlare all’oncologo dei
problemi che incontra durante il
trattamento? Cosa ‘non dice’ un paziente al
suo medico?
L’umanizzazione delle cura passa
attraverso la relazione tra operatori
sanitari e paziente e la relazione si basa
proprio sulla comunicazione. La
comunicazione medico-paziente è una abilità
centrale in tutto il percorso di cura: dal
sospetto diagnostico, alla raccolta
anamnestica, alla comunicazione della
diagnosi e della prognosi, alla discussione
del progetto terapeutico e dei possibili
effetti collaterali, alla descrizione delle
alternative di trattamento, alla
comunicazione del fallimento delle cure,
fino alla eventuale discussione delle
direttive anticipate o le cure di fine vita.
È stato calcolato che un medico nel corso
della sua carriera professionale fa oltre
20.000 conversazioni difficili con i suoi
pazienti, nei quali deve dare cattive
notizie.
Oggi, grazie anche al contributo dato dalla
Psico-oncologia alla formazione agli aspetti
psicologici della comunicazione in oncologia
ed ematologia, (sono noti i Corsi sulle
abilità comunicative basati sul metodo
OncoTalk), la cultura sta cambiando.
Tuttavia, restano ambiti ancora molto
difficili da affrontare. Ad esempio quando
il paziente pone domande difficili sulla
prognosi, in caso di malattia non guaribile.
Argomenti come la morte e il sesso sono
argomenti tutt’oggi tabù negli ambulatori
ospedalieri. I pazienti si pongono domande,
hanno paure riguardo il loro futuro e hanno
bisogno di confrontarsi con il loro medico,
che ritengono la figura più importante cui
far riferimento.
Gli aspetti della sessualità rientrano
nell’ambito del non-detto tra medico e
paziente oncologico?
La sessualità costituisce un’area silente
nella comunicazione medico-paziente. Eppure
la sessualità costituisce una parte
importante della Qualità della Vita e nelle
relazioni affettive in chi sopravvive al
cancro. Gli studi su migliaia di pazienti
dimostrano che in generale essi desiderano
un’informazione franca su temi sessuali,
vogliono il permesso di parlarne, sono
interessati a che vengano loro poste domande
sulla sessualità e desiderano informazioni
pratiche su come convivere con i cambiamenti
nell’intimità durante e dopo i trattamenti
oncologici.
I pazienti intervistati ricordano poche
discussioni riguardo la sessualità e gli
stessi medici, sia specialisti sia medici di
medicina generale, riferiscono di parlarne
molto raramente. Ben vengano dunque
operazioni culturali che favoriscano, come
nel caso di ONCOMovies®, una
sensibilizzazione su questi temi.
Qual è lo specifico ruolo dello
psico-oncologo?
La Psico-oncologia è oggi una realtà nel
Servizio Sanitario Nazionale, con circa 200
Centri pubblici che offrono assistenza
psicosociale ai loro pazienti.
Lo psico-oncologo si occupa delle reazioni
emozionali (normali e patologiche) dei
pazienti in tutti gli stadi della malattia,
dei loro familiari e dello staff curante e
delle variabili psicologiche, sociali e
comportamentali che influenzano la
prevenzione del cancro, il rischio, la
sopravvivenza (pensate ai comportamenti a
rischio per la salute come ad esempio il
tabagismo, comportamenti alimentari
scorretti, o il dilazionare per paura una
mammagrafia in caso di nodulo sospetto,
etc.). La Società Italiana di
Psico-Oncologia è particolarmente impegnata
non solo nell’ambito dell’assistenza e
supporto a pazienti e familiari, ma anche
nello speciale ambito della formazione dei
medici e degli infermieri rivolto al
miglioramento delle abilità comunicative, al
riconoscimento del disagio emozionale e, più
in generale, a favorire la relazione con il
paziente in modo da far emergere eventuali
bisogni non corrisposti.
SIPO ha da poco realizzato uno studio
sulla valutazione del distress nei pazienti
oncologici italiani: quali sono i risultati?
La Società di Psico-Oncologia ha
effettuato uno studio multicentrico
nazionale su 1.108 pazienti con cancro in
trattamento in 38 Centri oncologici
italiani. Lo studio, recentemente pubblicato
su Cancer, ha evidenziato come il 33% delle
persone con patologia tumorale riporti uno
stato di franco disagio emozionale e
necessiti di un intervento psicosociale più
specifico da parte dei Servizi
psiconcologici.
Lo studio è stato effettuato mediante la
somministrazione del Termometro del Distress
(disagio emozionale), un semplice strumento
di screening fatto di una scala analogico
visiva da 0 a 10 e da una lista di problemi
(fisici, emozionali, sociali, spirituali)
che i pazienti si trovano ad affrontare e
che a loro avviso sono la causa di quel
disagio.
Il Termometro del Distress è ritenuto
indispensabile strumento per far emergere la
sofferenza dei pazienti causata anche da
sintomi e da effetti collaterali che il
paziente spesso non riporta spontaneamente
nel corso delle visite di controllo ed è
raccomandato in tutte le Linee guida
Internazionali e Nazionali relative
all’assistenza psicosociale al paziente con
cancro.
Di fronte agli effetti collaterali
della chemioterapia, anche tra i caregivers
del familiare coinvolto possono instaurarsi
dinamiche comunicative problematiche: quali
sono e come contrastarle?
Le dinamiche tra paziente e caregiver
(partner, figli, etc.) sono diverse quante
sono le tipologie di rapporto all’interno
delle famiglie. Effetti collaterali, quali
astenia, nausea, alterazioni degli organi
sessuali, alopecia, modificano non solo
l’immagine di sé, ma anche i ruoli e le
relazioni. Basti pensare come una profonda
perdurante astenia possa colpire ad esempio
il ruolo di un padre di famiglia o di una
madre, impedendo lo svolgimento delle
proprie funzioni e la capacità di assolvere
con la stesa efficacia i compiti consueti.
Analogamente, si può immaginare l’effetto di
nausea o vomito perduranti conseguenti ad un
trattamento chemioterapico, che trasforma il
partner in un infermiere interferendo con il
delicato equilibrio del desiderio sessuale
nella vita di coppia, anche a distanza di
tempo dal termine della chemioterapia.
Esistono, inoltre, effetti endocrini ma
anche effetti estetici che trasformano
l’immagine percepita dalla persona con
influenze sul suo ruolo, la sua dignità e su
come questa viene percepita.
La malattia alla fine non è soltanto il
processo patologico su diversi organi e
sistemi fisici, ma anche su come la persona
si trasforma nelle sue relazioni
interpersonali a causa degli effetti delle
cure. Il fatto che le cure siano spesso
indispensabili e in un certo senso il prezzo
da pagare per sopravvivere rende questo per
l’oncologo un complesso intricato da
affrontare, che solo una speciale attenzione
al paziente, inteso come persona, e abilità
comunicative perfezionate possono aiutare a
fronteggiare.
RITORNA
ARCHIVIO SEZIONI
|