Nausea e vomito da chemioterapia
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Domenica Lorusso
Dirigente Medico I livello
Unità Operativa di Oncologia ginecologica,
Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Tumori
di Milano
Nausea e vomito da chemioterapia:
le terapie di supporto coerenti alle Linee
guida migliorano sensibilmente la Qualità di
Vita dei pazienti
Il cinema ci ha aiutato a vedere due
tra i più temuti effetti collaterali della
chemioterapia: nausea e vomito. Sappiamo che
questo aspetto riguarda dal 30% a oltre il
90% dei pazienti. Quando e con che frequenza
si manifestano? Che impatto hanno sulla loro
Qualità di Vita?
La nausea e il vomito sono alcuni tra gli
effetti collaterali più temuti e patiti
dalle pazienti, al pari e spesso peggio
della caduta dei capelli. Rispetto alla
Qualità di Vita, gli studi ormai sono molto
chiari: ripetute evidenze scientifiche ci
dicono che il vomito da chemioterapia è il
sintomo che ha il più alto grado d’impatto
sulla Qualità di Vita delle pazienti affette
da cancro e sullo svolgimento delle loro
attività quotidiane.
L’effetto è molto dipendente non solo dal
tipo di chemioterapia utilizzato, perché non
tutti i farmaci hanno lo stesso potenziale
emetogeno, ma anche da altre caratteristiche
personali come lo stato emotivo, il sesso
femminile e storie precedenti di emesi
durante la gravidanza.
Il vomito detto acuto può insorgere in modo
acuto durante la somministrazione del
trattamento chemioterapico o entro le
successive 24 ore; il vomito detto ritardato
si manifesta a distanza di più di 24 ore
dalla chemioterapia; in tal caso è più
difficile da gestire perché la paziente è
nella maggior parte dei casi a casa, e
spesso la nausea è tale da impedirle di
alimentarsi e bere e assumere compresse per
bocca. Il terzo tipo di vomito è definito
anticipatorio poiché insorge prima
dell’inizio dei cicli successivi di
chemioterapia e sembra manifestarsi su base
psicogena, è cioè legato al ricordo che
l’inconscio trattiene del malessere legato
al precedente ciclo di chemioterapia, spesso
stimolato dal setting in cui la paziente si
ritrova. Oggi sappiamo che se agiamo bene
sul vomito acuto, con le terapie adeguate,
otteniamo risultati anche contro il vomito
tardivo e psicogeno.
Nella Sua esperienza, in che misura le
terapie di supporto per nausea e vomito
aiutano l’oncologo nella gestione del
protocollo terapeutico?
L’applicazione delle terapie di supporto
secondo Linee guida è molto importante, non
solo ai fini del miglioramento della Qualità
di Vita della paziente, cosa peraltro
fondamentale, ma anche rispetto alla
possibilità dell’oncologo di gestire al
meglio il protocollo terapeutico.
Una nausea di grado 3 impone, infatti, la
riduzione di dose della successiva
chemioterapia, con le conseguenze che un non
mantenimento dell’intensità di dose potrebbe
avere sull’outcome oncologico. Inoltre, una
paziente che vomita per giorni a casa deve
spesso, durante l’episodio acuto, essere
ricoverata per la necessaria idratazione; se
poi gli episodi si ripetono, a lungo termine
possono provocare un peggioramento delle
condizioni cliniche generali che rendono
molto difficile e spesso impossibile la
prosecuzione della terapia.
Da un sondaggio di Salute Donna onlus
e SIPO tra più di 850 persone affette da
tumore emerge che a circa il 92% è stata
prescritta una terapia contro nausea e
vomito, ma più del 65% degli intervistati
riferisce che la nausea permane come
l’effetto collaterale maggiormente
percepito. Può spiegarci questa discrepanza?
Il sondaggio coglie una problematica che
è determinante per aiutare davvero le
persone con tumore a gestire e controllare
al meglio gli effetti collaterali della
chemioterapia, tra i quali la nausea è
quello che maggiormente deteriora la loro
Qualità di Vita. Indica cioè che alle
persone in cura che riferiscono di soffrire
di nausea pur avendo ricevuto terapie di
supporto contro questo effetto collaterale
non sono stati prescritti farmaci coerenti
con le Linee guida aggiornate.
È infatti fondamentale per il buon esito
delle terapie di supporto che esse siano
quelle indicate dalle Linee guida, scelte
cioè attraverso il rigoroso vaglio di studi
clinici, e che dunque siano prescritti quei
farmaci, e non altri, che sono stati in
grado di dimostrare la loro efficacia.
È stato recentemente pubblicato uno
studio osservazionale (PEER) che ha valutato
la risposta di 1.128 pazienti in
chemioterapia che seguono o meno la
profilassi antiemetica coerente con le Linee
guida (GCCP), basata su antiemetici di nuova
generazione, come aprepitant: può
illustrarci i risultati?
Dallo studio sono emersi due dati molto
importanti: il primo è che l’applicazione
delle Linee guida nel controllo della nausea
e del vomito da chemioterapia avviene solo
nel 55% per la fase di emesi acuta, nel 46%
per il vomito tardivo e nel 29% in tutto lo
studio. Un dato sconcertante, perché ci dice
che ancora oggi gli oncologi non sono
sufficientemente sensibilizzati al controllo
di questo tipo di tossicità.
L’altro dato importante dello studio è che,
confrontando il gruppo di pazienti
sottoposti all’appropriata profilassi
antiemetica secondo Linee guida con il
gruppo cui non era somministrata la terapia
antiemetica adeguata, si assisteva a una
significativa riduzione della nausea e del
vomito nel primo gruppo, che si traduceva in
una riduzione del numero di accessi e visite
specialistiche ospedaliere nei 5 giorni
successivi alla somministrazione della
chemioterapia.
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