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I
“cannoli”, geminati sicuramente da uno scherzo da prete,
vengono fuori da un dimenticato monastero, a Palermo le suore del
monastero di Santa Maria di Monte Oliveto, detto della badia Nuova,
preparavano questo motteggio carnevalesco dove gli ingredienti
principali sono la scorza fritta realizzata con farina e l’aggiunta di
cacao e la crema di ricotta. |
Per il periodo carnevalesco, le
suore oltre ai cannoli confezionavano, se fritti, le “teste di turco”
e le “cassatele” piccole paste ripiene di ricotta, questi nel
periodo pasquale divenivano i dolci rituali, tanto da fare nascere un
modo di dire palermitano “cù nappi, nappi cassateddi i Pasqua” per
indicare quando una cosa è finita: chi ha avuto, ha avuto.
"Minni di vergini", avvero mini cassatelle
Sempre nel periodo pasquale ai
bambini si regalavano “i pupi cu l’ova”, che le monache
realizzavano in pasta forte a cui inserivano l’uovo sodo e lo spargevano
con piccoli confettini colorati.
Il monastero di Santa Elisabetta,
ubicato nella parte settentrionale dello spiazzo antistante il Palazzo
Reale, oggi poco identificabile per via della sua trasformazione in
uffici per la Questura, le suore erano conosciute per la loro
rosticceria ed in particolare per le “ravazzate”, un impasto di
farina con l’aggiunta di strutto (sugna) soffritto, il cui ripieno era
la crema di ricotta; quest’ultima specialità palermitana (ricotta,
zucchero e scaglie di cioccolato fondente) è un ingrediente semplice che
viene utilizzata nei ripieni di tante altre leccornie come nella
cassata, nei cannoli, nelle sfince, nelle cassatedde, nell’iris e nella
cuccia.
Per il Natale, le monache erano
dedite alla confezione dei “Nucatoli”, un dolce tipico
palermitano nociato cioè condito con noci o il
“biscotto di San
Martino” tipico per la festa del Santo, a Palermo è
tradizione intingerlo nel vino moscato.
Dietro la cattedrale nella piazza
Settangeli esisteva fino al 1860 l’omonimo monastero, distrutto dai
bombardamenti borbonici, le monache preparavano per il periodo natalizio
un impasto con pasta dolce: farina e zucchero, mandorle finemente
tritate, aromatizzato con miele, succo d’arancia o cannella, il loro
nome e tuttora la mustazzola, farciti con conserva di pistacchio, queste
mustazzola li chiamavano “pantofoli”.
Un simile impasto diede la
possibilità di creare “l’ossa di mortu” tipici per la ricorrenza
dei defunti, vengono preparati con la pasta forte ed una parte bianca
ricavata d’albume montato a neve, dove vengono rappresentati parti
scheletriche del corpo umano.
Immancabile nelle festività, in
special modo, nel periodo pasquale, come lo attesta un documento del
1575 del sinodo di Mazara, tra i dolci più delicati, erano famose le
cassate confezionate nel monastero di Valverde.
Un dolce assai curioso erano i “feddi
di cancillieri”, per “fedde” che in dialetto palermitano significa
fette, ma anche natiche, abbinato alla specificazione “del cancelliere”,
hanno fatto immaginare ad un riferimento alle parti basse di questo
funzionario della Magistratura, ma in realtà il cancelliere era un gran
benefattore Matteo Ajello gran cancelliere di Guglielmo II che nel XII
secolo fondò secondo la tradizione, un monastero che era ubicato dietro
palazzo Belmonte-Riso distrutto durante i bombardamenti dell’ultima
guerra.
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