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L'ARCHIVIO STORICO COMUNALE

In questa sezione:

IL PATRIMONIO DOCUMENTARIO 

L'archivio storico

Giuseppe Damiani Almeyda

Il restauro

Il Quartiere della Meschita

Il Convento di S.Nicolò da Tolentino

Gli Ebrei a Palermo


Il primo Archivio Generale fu istituito nel 1818, trasformato poi in Grande Archivio (con la legge organica sugli archivi promulgata nel 1843 dal governo borbonico) e, dopo l'unificazione d'Italia, in Archivio di Stato di Palermo.

Il Comune di Palermo, a cui furono assegnati i locali del convento di San Nicolo da Tolentino, intraprese, così, la riorganizzazione del proprio archivio che si trovava ammassato in vari ambienti del Palazzo municipale. Nel 1866 fu nominato direttore Fedele Pollaci Nuccio, persona colta e qualificata il quale, negli oltre trentanni della sua direzione, restituì all'Archivio la struttura originaria e lo rese accessibile alla ricerca storica.

Egli applicò il metodo storico secondo cui la documentazione di un Ente deve essere ricomposta nello stesso ordine della sua produzione. L'archivio nasce e cresce contemporaneamente all'Ente ed il riordinatore deve conoscere la sua storia.

La relazione che nel 1872 egli indirizzò all'Amministrazione comunale intitolata "Dello Archivio comunale, suo stato, suo ordinamento" e "Gli atti della città di Palermo dal 1311 al 1410" costituiscono un capitolo fondamentale degli studi siciliani di diplomatica e archivistica, conoscenza indispensabile per chi comincia a compiere ricerche nell'Archivio comunale. 

Negli antichi manoscritti ritroviamo la vita quotidiana della città narrata non dagli storici ma da coloro che l'hanno vissuta, la memoria autentica, attraverso i secoli, della vita politica e amministrativa del territorio urbano.

Le testimonianze documentarie, anche se frammentarie, risalgono al XIII secolo, mentre le serie organiche e continue partono dal secondo trentennio del '300. In questo periodo l'Amministrazione del Comune di Palermo (Universitas felicis urbis Panormi) era retta da un insieme d'organi e di cariche che esercitavano poteri e competenze.

Ogni provvedimento era redatto per iscritto in registri cartacei a cura di un funzionario del Comune, chiamato Maestro notare. Anche gli atti in entrata (lettere da parte del sovrano, d'altre autorità e da privati) erano integralmente trascritti. 

All'inizio i registri costituivano una serie unica, poi, con l'aumento delle cariche e dei compiti degli uffici, si tennero contemporaneamente più registri che vennero a formare più serie cronologicamente parallele.

La serie che comprende i registri più antichi, dell'anno 1311, è quella degli "Atti, bandi e proviste".

Gli Atti del Senato, organo paragonabile all'attuale Giunta che, oltre ad amministrare la città, partecipava anche al potere politico e legislativo, è il più vasto e vario perché riporta gli atti emanati su qualsiasi materia, compresi quelli provenienti dagli organi giudiziari comunali. I Bandi consistevano nella notifica alla cittadinanza dei provvedimenti presi dal Senato tramite un banditore che, preceduto dal suono di una tromba, leggeva a voce alta nei luoghi stabiliti. Le Proviste, vale a dire provvedimenti, comprendevano le richieste che i cittadini facevano al Senato e le decisioni che questi adottava.

Uguale importanza presenta l'archivio dei Consigli Civici, convocati "ad Sonitum campanae". Questa serie ha inizio nel 1446 e raccoglie i verbali delle riunioni dell'Organo, composto di giurati e notabili della città, cui spettava prendere decisioni in materia di particolare importanza. Nel 1818 fu sostituito dal Decurionato, organo fondato da 30 membri, che fino al 1860 ebbe affidata la rappresentanza comunale col compito di emettere atti chiamati Deliberazioni.

Altre serie sono indicate in latino o in volgare dell'epoca. Vanno ricordati gli archivi di Penes acta, costituiti da documentazione originale allegata alle varie pratiche, e di Barrature, comprendenti minute d'atti fra i quali troviamo testimonianze concernenti le Corporazione d'arti e mestieri della nostra città. Le lettere che erano spedite dal Senato sono raccolte nei volumi che formano l'archivio di Consulte (pareri, relazioni e provvedimenti presi dal Senato).

Tutte le attività si svolgevano secondo rigide formalità minuziosamente descritte nei Cerimoniali. La documentazione appena descritta copre per lo più il periodo che va dalla fine del '500 ai primi dell'800. A partire dal 1818 avviene un radicale cambiamento della forma di produzione documentaria e di tenuta degli atti, molto più simile all' odierna. Le nuove raccolte sono inserite in una sezione denominata Archivio di corrispondenza.

Di notevole importanza è la documentazione di carattere finanziario e contabile, strettamente collegata a quella politico - amministrativa (Sala Rettangolare). Le entrate erano date principalmente dal ricavato delle imposizione indirette, chiamate gabelle e nell' '800 dazi, che gravavano su ogni possibile cespite: sui generi commestibili, sulle merci commerciate per mare e per terra, sulla seta, sugli schiavi e così via.

Tra le varie scritture sono da notare il libro universale del patrimonio - registri d'entrate ed uscite, le Cautele, documenti su cui si basavano crediti e debiti, le Significatorie, modifiche di debito.

Di grande interesse sono: "archivio delle acque", documenti emanati da una deputazione che amministrava le acque di proprietà del Comune come: Gabriele, Uscibene, Papireto, Garraffello, e le "Cautele delle vendite con il privilegio delle strade Toledo e Maqueda," relativi agli espropri effettuati per l'ampliamento del Cassare e per l'apertura della "strada" Maqueda.

L'amministrazione della giustizia, limitatamente al primo grado, era di competenza della città ed era esercitata dalla Corte pretoriana per la materia civile, e dalla Corte capitaniale, per quella penale. Le scritture della Corte pretoriana ed alcuni frammenti di registri trecenteschi dello stesso organo sono pubblicati negli Acta curiae. 

Sono da ricordare particolarmente le pergamene attinenti privilegi della città, esenzioni, prerogative varie concesse da pontefici, sovrani, imperatori, conservate in un mobile posto al centro della sala Almeyda, il Tabulario dell'Archivio Storico.

Questi documenti furono sempre oggetto di speciali cure perché erano considerati molto importanti per la vita della Città e venivano conservati in una cassetta di mogano ai piedi della statua dell'Immacolata nel Palazzo Pretorio. In seguito, quando l'Archivio si trasferì nei locali odierni, il direttore Fedele Pollaci Nuccio fece costruire appositamente il suddetto mobile, dotato di cassetti che si estraggono con dei tiranti ed m ognuno dei ripiani è conservata una pergamena.

Esse sono settantasei, superstiti di un numero più cospicuo andato distratto non solo per il decorrere del tempo, ma anche in occasione di rivolte come in quella del 1866, chiamata del 7 e mezzo, durante la quale i rivoltosi si riversarono nel Palazzo municipale e diedero alle fiamme i documenti che secondo loro rappresentavano il segno tangibile di quei privilegi del potere contro cui lottavano.

Il documento più antico rimasto risale al 1337, ma la raccolta originaria rimonta a Federico II imperatore.

È da menzionare il registro cartaceo del notaio palermitano Adamo de Citella, degli anni 1298-99. Esso è uno dei tre registri del secolo XIII superstite in Sicilia e permette di ricostruire aspetti della fiscalità, dell'economia e della società di Palermo in quei tempi Infine è d'estremo interesse per gli architetti ed ingegneri che oggi si occupano di restauro di palazzi e monumenti antichi tutto ciò che attiene le trasformazioni subite dalla Città dal 1870 fino al 1940 circa (Sala dei Lucernali o Lavori pubblici). Esiste anche una raccolta di cimeli risorgimentali, come alcuni autografi di Garibaldi, Umberto 1° e Crispi.

L'Archivio mette a disposizione degli studiosi una Biblioteca specializzata che contiene anche cinquecentine, seicentine e testi rari.


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