Tradizione
pagana, evoluzione cristiana
Se per i romani questo monte fu avverso e
inaccessibile, tanto da appellarlo "Peregrinus" (=ostile, nemico),
lo stesso non può dirsi per la dimensione sacrale che le numerose culture
avvicendatesi nei secoli gli hanno attribuito.
Da sempre, infatti, il monte è stato
considerato come la casa degli dei e la continuità simbolica della sua
dimensione sacrale ha sfidato attraverso tempi lunghissimi cambiamenti di
cultura e di religione.
Le tracce culturali più antiche risalgono al
IV-III sec. a.C., e rinviano principalmente al culto del dio greco Kronos che
corrisponde al dio cartaginese Baal Hammon.
Dalla cultura greca deriva quindi il termine
Kronion, uno dei tanti appellativi che furono dati al monte, e che indicava un
luogo di culto del dio Kronos, luogo in cui si erigevano monumenti di pietra.
Forse fu proprio uno di questi macigni che Federico II usò secoli dopo come
orologio solare per distribuire la giornata lavorativa dei contadini e che fu
chiamato "Pietra dell'Imperatore".
Un altro dei culti più antichi
che si tennero sul monte, fu quello dedicato all'acqua salutare personificata
forse in una ninfa, successivamente in una dea ellenica (forse Athena Kronia
della Cannita), e poi ancora da Tanith, dea punica della fertilità, e da
Iside. Il suo centro era l'attuale grotta di Santa Rosalia, per la presenza di
una sorgente d'acqua considerata divina. In seguito, all'interno della grotta,
fu eretto un santuario punico e più tardi una chiesetta bizantino-normanna.
Lo stesso culto delle acque ebbe luogo alle
pendici del monte nei pressi della sorgente dell'Acquasanta, che diede il nome
all'attuale borgata cittadina.
Notevolmente più ricca è la tradizione
cristiana di Monte Pellegrino, le cui testimonianze risalgono al VII sec. d.C.,
ossia a epoca bizantina.
"In epoca precristiana e cristiana,
Monte Pellegrino è stato sede di culti dedicati a divinità femminili, che
si sono tradotti nel culto della verginità (Immacolata Concezione e Santa
Rosalia)".
A rafforzare questa ipotesi di Valerio
Petrarca è il vestibolo all'aperto dell'attuale grotta-santuario di S.
Rosalia, che coincide con il luogo della primitiva edicola punica e della
successiva chiesa bizantina dedicata alla Madonna, oltre al ritrovamento di
ossa inumate nei paraggi della grotta.
La simbologia del Monte Pellegrino come
montagna sacra, punto di intersezione tra cielo e terra, tra condizione umana
e condizione divina, venne così inglobata nella religione cristiana. Da tale
considerazione nacque l'eremitaggio sul monte, come possibilità di offrire la
propria vita al servizio di Dio.
In epoca normanna si trasferì ad abitare
sulla montagna la più benefica ed illustre eremita dell'epoca: Santa Rosalia,
che riassume la tradizione religiosa della montagna. Alla stregua di una
figura punica pagana, ella permea di sé tutti i luoghi del monte,
divinizzando le rocce e l'acqua, simbolo di una nuova Cerere cristiana. La
venerazione per la santa si rafforzò con la guarigione dalla peste nera che
colpì Palermo nel 1624, anno del ritrovamento delle sue reliquie: da questo
momento in poi le furono riconosciute potenti virtù di guaritrice.
Il sito su Santa Rosalia
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